Gli italiani non vivono tranquilli se non mettono da parte qualcosa, se non pensano al risparmio; sono sempre più preoccupati per il futuro dell’Italia e del proprio territorio e si dichiarano delusi dall’Unione Europea, ma non mettono in dubbio che in futuro essere nell’Euro sarà un vantaggio. E mentre aumenta la fiducia nella ripresa economica mondiale, considerato un evento più probabile rispetto alla crescita dell’Europa, sempre più italiani attribuiscono la responsabilità della crisi italiana, ben il 56%, al malgoverno del Paese degli ultimi anni e alla mancanza di riforme. È quanto emerge dal Rapporto Ipsos-Acri, “Gli italiani e il risparmio” presentato in occasione della Giornata Mondiale del Risparmio il 31 ottobre 2014. A questo pessimismo fa da contraltare un nuovo ottimismo, soprattutto tra i giovani dai 18 ai 30 anni, nelle proprie capacità personali.
Sulla gestione dei consumi gli italiani sono sempre più attenti e cercano di evitare il ricorso all’indebitamento. Sia le famiglie colpite dalla crisi sia quelle che non hanno sperimentato particolari problemi hanno ridotto le spese per viaggi e vacanze (60%), ristoranti e pizzerie (59%), concerti, cinema e teatro (55%) ed abbigliamento (52%), mentre non sono tanto disposti a ridurre i consumi per l’acquisto di medicinali. E chi riesce a risparmiare, preferisce mantenersi liquido piuttosto che investire in operazioni finanziarie rischiose. Nonostante l’atteggiamento parsimonioso, 1 famiglia su 4 non riuscirebbe a far fronte ad una spesa imprevista di 1.000 euro. Crolla invece l’interesse per “il mattone” che segna il suo minimo storico dal 2001. Per la maggioranza degli italiani infatti l’aumento della tassazione, i vincoli dei mutui e la necessità di un anticipo in contanti non rendono più conveniente comprare una casa. Eppure la metà della popolazione si dichiara comunque soddisfatta della propria condizione economica. Un dato significativo che sembra rivelare un certa rassegnazione degli italiani a convivere con la crisi e con l’idea che il ciclo economico negativo durerà ancora a lungo, almeno fino 2020.
Infine estendendo l’orizzonte ad altri paesi nel mondo, è da sottolineare come le principali economie sviluppate mostrino un livello di soddisfazione basso, ma in crescita nel 2014. Gli Stati Uniti sperimentano invece un momento di crescente fiducia dopo un anno poco brillante, sempre che le preoccupazioni per le guerre in atto e soprattutto quelle per l’epidemia di ebola non modifichino la situazione.