Sette anni fa, proprio di questi tempi, scrivevo il primo articolo sui “mutui cattivi”, ovvero quei prestiti per l’acquisto della casa erogati, senza troppi controlli e garanzie, a beneficio di persone che avevano l’ardire di acquistare abitazioni di un certo valore pur potendo solo contare su redditi modesti. Prestiti divenuti inesigibili con il calo del valore degli immobili figlio di quell’ennesima bolla arrivata al suo massimo nel 2006 anche grazie alle politiche monetarie dell’allora presidente della Federal Reserve, Alan Greenspan.
Era l’inizio del 2007, ancora non si sospettava che i germi della peggiore crisi finanziaria della storia recente avrebbero generato un’onda d’urto tale da prosciugare Wall Street per poi riversarsi con violenza inaudita sui debiti pubblici e sulla povera Europa. La parola “subprime”, in seguito usata per indicare i mutui ad alto rischio, non era ancora nota, ma di lì a poco questa, e altri termini finanziari come derivati, junk bond, default o spread, sarebbero divenuti forzatamente patrimonio popolare e spettro globale del Pianeta.
In quell’articolo, pubblicato da un autorevole giornale finanziario, spiegavo che grandi banche come Merrill Lynch, Jp Morgan Chase ed Hsbc, cercavano di ridurre le loro esposizioni sul comparto immobiliare, chiedendo il riacquisto da parte degli erogatori originari di portafogli multimiliardari ad alto rischio e alto rendimento. Ovvero i “bravi ragazzi” di Wall Street, subodorando aria di crisi, tentavano di disfarsi della “smoking gun” chiedendo alle finanziarie da cui avevano acquistato quei mutui per piazzarli ai clienti, di riprendersi il tutto, forti di clausole contrattuali pensate ad arte per far fronte a rischi che sino allora erano ritenuti lontani anni luce. Il punto è che queste società, talvolta non disponendo delle riserve e degli ammortizzatori creditizi dei grandi gruppi di Wall Street, si trovavano costrette a riassorbire il peso di rimborsi inesigibili sia in conto capitale che in conto interesse. Questa la genesi della crisi vista dagli occhi di un osservatore, una crisi di cui si parla ancora oggi ogni giorno, a distanza di sette anni. La peggiora frenata economica dalla Grande Depressione che ha bruciato 19.200 miliardi di dollari di ricchezza e 8,8 milioni di posti di lavoro. Una crisi dove le banche hanno avuto un ruolo fondamentale visto che a sono state loro a elargire, con generosità finanche criminale, mutui facili.
Oggi quelle banche dove sono? Al netto delle vittime sacrificali come la povera Lehman Brothers, la cui estrema unzione fu impartita dai monsignori della politica, della Federal Reserve e della stessa Wall Street, e fatti salvi altri casi di assorbimento come quelli di Bear Stearns e Merrill Lynch, per il resto gli istituti finanziari, quelli grandi e “ben vestiti”, godono tutti di ottima salute come dimostrano i recenti bilanci societari. Insomma mentre Main Street, ovvero l’imprenditoria media e piccola, combatte ancora con l’ultimo fronte di guerra della crisi, ovvero la disoccupazione, le banche hanno già brindato con il calice alzato il sol del nuovo avvenire. Le promesse di individuare e sanzionare i cattivi maestri di Wall Street fatte da Barack Obama, e da una certa parte della leadership di Washington, sono state per la gran parte non rispettate, o meglio dimenticate, come le spinte alla maggior regolamentazione del settore finanziario.
Certo Jp Morgan deve sborsare 13 miliardi di dollari in multe e risarcimenti, per colpa o dolo visto che non avrebbe avvisato i propri clienti dell'elevato rischio riconducibile agli Rmbs (Residental mortgage-backed security), ovvero titoli legati ai mutui. Questo il risultato di quello che in gergo anglosassone viene chiamato «landmark settlement», ovvero un accordo storico, unico nel suo genere, raggiunto tra la banca e il governo degli Stati Uniti per porre fine al lungo e intricato contenzioso sulla vendita ingannevole di mutui subprime cartolarizzati da parte della banca. Si tratta dell'azione più severa messa in atto dall'amministrazione Obama, criticato in passato da destra e da sinistra per non aver perseguito in maniera più aggressiva i responsabili della crisi finanziaria, specie dal punto di vista penale. Ma è anche l’unica sanzione seria presa nei confronti di una banca rea di aver contribuito alla carneficina finanziaria di inizio millennio.
Sul caso Lehman, ad esempio, nei confronti dei manager delle banche le autorità non hanno avanzato alcuna azione penale e l'ultimo giorno per farlo era il 15 settembre scorso, esattamente cinque anni dopo che frotte di dipendenti della banca usciva con gli scatoloni in mano dalla sede di Park Avenue. La “caccia alle streghe” della Sec non ha avuto successo: le indagini non hanno portato prove e non ci sono le basi legali per azioni penali nei confronti dei manager. In realtà le indagini stesse erano state abbandonate in segreto nel 2012. “Il mondo non capirà” aveva detto l'allora numero uno della Securities and Exchange Commission, la Consob americana, Mary Schapiro, quando nel 2011 le comunicarono per la prima volta l'impossibilità a procedere. Il responsabile dell’inchiesta su Lehman alla Sec, George Cannelos, archiviò di fatto la conversazione con queste parole: “Il nostro lavoro è solo cercare giustizia”. Ma per procedere non c'erano prove, Lehman era già fallita e quindi avanzare un procedimento non avrebbe portato a nulla. Inoltre l'amministratore delegato della banca, Richard Fuld, sembrava non fosse neanche a conoscenza delle pratiche non legali usate. Pari e patta insomma, nessun colpevole, nessuno paga.
C’è però chi sulla crisi ci ha fatto fortuna, ad esempio sempre riguardo al capitolo Lehman, ci sono i legali e i contabili che curato la procedura di bancarotta, i quali hanno intascato un assegnino da 3 miliardi di dollari. Brindano anche un gruppo di hedge fund, che avevano acquistato subito dopo la bancarotta le richieste di alcuni creditori di Lehman che non volevano attendere il procedimento legale ed ora incassano miliardi. Paulson & Co, che si era già arricchito con la crisi, ha guadagnato 1 miliardo di dollari sul suo investimento in Lehman, mentre Elliot Managament 700 milioni di dollari. Questo è quanto.
«Le indagini sulle frodi finanziarie sono lungi dall'essere terminate», ha tuonato il ministro della Giustizia, Eric Holder, annunciando la maxi sanzione a Jp Morgan. Il valore del «landmark settlement», secondo Holder è insito anche nel fatto che questo accordo rappresenta un segnale chiaro per tutti: coloro che a Wall Street hanno sbagliato pagheranno. Ma quando?