E` dal mercato dei voli e degli spostamenti di cose e persone che possiamo intuire e confermare la crescita di economie e nuove realtà emergenti. O la triste debacle di potenze industriali decadute. Mentre un governo fragile come quello italiano completa l’ennesimo salvataggio, inutile, della nostra Alitalia, ad Ankara, Dubai e Addis Ababa continuano a farsi i conti di un’ascesa senza sosta.
Dopo aver impedito, grazie all’ultimo governo Berlusconi, il crollo di Alitalia con il brillante inserimento dei soliti ignoti – una banda inesperta di imprenditori che sapevano del mercato aereo meno dell’ultimo dei facchini di Fiumicino – l’esecutivo delle larghe intese del presidente Napolitano – se non l`avete notato siamo in una repubblica presidenziale – ha pensato bene di pompare altro denaro pubblico in una compagnia che decotta è dir poco. Con una stratagemma che è beffa ed insulto a quell`Europa a cui l`inquilino del colle più alto sembra così affezionato, nuovo denaro pubblico andrà alla moribonda compagnia di bandiera.
Saranno niente meno che le poste italiane a versare nelle casse di Alitalia 75 milioni di euro. Aiuti di stato mascherati. Forniti dal vettore nazionale che certo ha dimestichezza e conoscenza assai limitata del mercato dei cieli. Il tutto con buona pace delle regole sulla concorrenza europea. E nel silenzio più assordante dell`ex commissario europeo in materia, quel senatore a vita Mario Monti che è in questi giorni impegnato nella scissione dell’atomo. Di quella scelta civica, destinata a confermarsi come l’ennessima meteora centrista dellla recente storia politica nazionale.
Mentre salviamo dunque Alitalia con l`ennesima manovra di palazzo sullle spalle dei contribuenti, altre compagnie, con management e organizzazioni assai solide, certificano la crescita economica dei rispettivi paesi. Ma non solo. Non si vuole scomodare qui il caso assai noto dell’Emirates, la petro-compagnia aerea che popola i cieli del mondo con una flotta a quattro stelle ed aggressive strategie di marketing. Ma il paragone con la Turkish Airlines è umiliante. La compagnia turca è stata capace d`imporsi in gran parte di quelle rotte mediterranee che Alitalia credeva di poter conservare. Ma non solo. Turkish Airlines ha aperto linee verso città come Kabul, Mogadiscio e Tripoli nel momento giusto, ammortizzando i costi.
Ancor piu imbarazzante è confrontare il caso Alitalia con altre compagnia emergenti. Quell’Ethiopian Airlines che ha fatto di Addis Ababa l’hub numero uno dell’Africa subsahariana. Ovunque si vada in Africa, dal vecchio mondo, il passaggio per l`Etiopia è ora tappa obbligata. Certo, si potrebbe obiettare che le compagnie emergenti di cui si parla godano e continuino a godere del sostegno dei rispettivi governi. Eppure, hanno tutte in comune capacità di aggredire il mercato, studiare piani di sviluppo, strategie e alleanze con i partner giusti, nuovi investimenti.
In relazione ad Alitalia una strategia che avrebbe molto senso, è il proseguimento della partnership con Air France e KLM, ipotesi che dovrebbe essere incoraggiata in nome del carattere europeo dell`intesa, accettando come minore dei mali il possibile acquisto da parte del duo franco-tedesco. E’ arrivato invece l’ultimo espediente che sa, ancora una volta, di gretto nazionalismo economico. L`intervento delle poste per salvare l`italianità del moribondo. Un altro modo per socializzarne le perdite.
Ad ulteriore conferma della nostra decadenza c’è poi la triste realtà, tutta italiana, di un sistema di aereoporti che la dice lunga sulla logica che ha dominato il settore. Aereoporti locali sono spuntati come funghi. Altari del deserto, monumenti al clientelismo locale e allo spreco. Strutture inutili che fanno, a stento, 5mila passeggeri all`anno. Un mercato con molti costi e pochi profitti. Ma che ha accontentato elites e amministrazioni parassitarie di comuni, province e regioni. Una storia nascosta sui danni del nostro regionalismo che è ancora tutta da raccontare. E che spiega altri capitoli importanti della crisi italiana.