Nel primo pomeriggio gli agenti federali dell’immigrazione sono stati bloccati all’ingresso del Dodger Stadium a Los Angeles. I funzionari dell’ICE, giunti a bordo di SUV scuri e accompagnati da altri agenti della Homeland Security, hanno chiesto di accedere all’area parcheggi dello stadio. La direzione dei Los Angeles Dodgers però non li ha fatti entrare. Secondo quanto riferito dalla squadra in una nota ufficiale, gli agenti si sono presentati poche ore prima della partita contro i Padres, ma l’organizzazione non li ha fatti entrare senza un mandato “per tutelare l’integrità dello spazio e dei tifosi”. Mentre erano all’esterno dell’impianto, centinaia di manifestanti li hanno confrontati con cartelli e slogan contro l’ICE. La polizia di Los Angeles è poi intervenuta per disperdere la manifestazione non autorizzata.
La consigliera comunale Eunisses Hernandez ha dichiarato di essere in contatto con l’ufficio del sindaco e di aver appreso che erano stati i Dodgers stessi a chiedere agli agenti federali di andar via senza un mandato di cattura.
Pochi giorni prima questo stesso stadio era diventato teatro di un altro gesto carico di significato. Sabato sera, davanti a più di 51.000 spettatori, la cantante dominicano-americana Vanessa Hernández, in arte Nezza, ha cantato l’inno nazionale nella sua versione spagnola, El Pendón Estrellado.
“I miei genitori sono immigrati”, ha spiegato poi su TikTok, in lacrime. “Non riesco a immaginare che possano essere deportati. L’ho fatto per la mia gente”.
Ma se a Los Angeles gli agenti sono stati fermati ai cancelli, nel resto del Paese le retate continuano. Una settimana fa Moises Sotelo, noto esperto di viticultura, imprenditore e agricoltore dell’Oregon, è stato arrestato mentre si recava al lavoro. Gli agenti lo hanno pedinato fin dalla sua uscita di casa, bloccandolo nei pressi della chiesa episcopale che frequenta. È stato incatenato, privato dei suoi oggetti personali e condotto in un centro di detenzione ICE.
Sotelo non è un nome qualunque nella Willamette Valley: vincitore del Vineyard Excellence Award nel 2020, ha fondato una piccola azienda agricola che cura i numerosi vigneti della zona. “È disumano”, ha dichiarato Anthony Van Nice, suo ex collega nel settore vinicolo. “Non solo per lui, ma per tutta la comunità che si regge sul suo lavoro. Sono centinaia i lavoratori che dipendono dalle sue decisioni”.
Il suo arresto si inserisce in una serie di blitz ICE sempre più rapidi e opachi. Victoria Reader, dipendente della sua azienda, ha raccontato di un’altra retata pochi giorni prima: “Gli agenti non si sono identificati, indossavano mascherine. Hanno cercato di aprire la portiera dell’auto e mi hanno minacciata quando ho fatto domande”.
Nel Sud del Paese, il quadro non è diverso. Lunedì scorso, 84 lavoratori sono stati arrestati all’ippodromo Delta Downs, in Louisiana, durante un’operazione dell’ICE condotta con agenti dell’FBI e del Border Patrol. Il blitz ha preso di mira le scuderie, l’hotel e il casinò, nonostante una direttiva dell’amministrazione Trump che invitava a sospendere i controlli in settori critici come l’agricoltura e l’ospitalità.
“Le aziende lì impiegavano lavoratori non autorizzati”, ha dichiarato ICE, pur ammettendo che solo due tra gli arrestati avevano precedenti penali.
Il raid in Louisiana non è un’eccezione. Giorni fa in questo Stato 15 lavoratori centroamericani sono stati arrestati a New Orleans. In un’altra retata dieci cittadini cinesi sono stati fermati a Baton Rouge in un raid nei centri massaggi.

Dietro questa nuova ondata di arresti c’è la pressione del consigliere di Trump, Stephen Miller, architetto della politica migratoria, che ha chiesto all’ICE di arrestare “almeno tre mila persone al giorno, rispetto ai circa 650 quotidiani del primo semestre. Il risultato è un’escalation generalizzata, anche contro i politici che tentano di opporsi.
Tre giorni fa, a New York, il revisore dei conti Brad Lander è stato arrestato dopo aver accompagnato degli immigrati in tribunale e aver chiesto a un agente ICE di mostrare il mandato del loro arresto. Gli agenti lo hanno ignorato, e lo hanno spinto contro un muro e ammanettato. “Non potete arrestare cittadini statunitensi senza mandato”, ha gridato Lander. Poche ore dopo è stato rilasciato.
Pochi giorni prima, il senatore californiano Alex Padilla era stato ammanettato e portato via durante una conferenza stampa a Los Angeles. Voleva porre una domanda alla segretaria per la Sicurezza Interna, Kristi Noem, sull’invio della Guardia Nazionale e dei Marines in città.
E a Newark, il sindaco Ras Baraka è stato arrestato mentre cercava di visitare un centro di detenzione federale. La deputata del New Jersey LaMonica McIver, che lo accompagnava, è ora accusata di aggressione per aver urtato con un gomito un agente con il volto coperto.
Con il Paese sempre più spaccato, Trump promette nuovi raid a Los Angeles, New York e Chicago. Ma nelle strade, nelle aziende agricole, nei corridoi dei tribunali e perfino negli stadi, la resistenza prende forma. La voce di Nezza, che canta l’inno in spagnolo, resta l’eco più forte di questa frattura americana.