Domani l’America scende in piazza. Una protesta nazionale organizzata da “Hands Off” e altri movimenti di difesa dei diritti civili, come “Move On”, “Mobilize”, “Reproductive Freedom”, “Third Act” e il “50501 Movement” (50 proteste in 50 Stati, 1 movimento), che vogliono coinvolgere quegli americani che si ritengono lesi nei loro diritti di lavoratori, consumatori, cittadini immigrati, donne o minoranze, che fino all’arrivo di Trump alla Casa Bianca erano tutelati dalle politiche di inclusione, ora smantellate.
È l’altra America che protesta. Quella che non ha votato per il presidente repubblicano e che, frustrata dalla forzata inazione dei democratici al Congresso in minoranza sia alla Camera che al Senato, vede cancellate con un colpo di penna conquiste sociali raggiunte dopo anni di lotta. La travolgente offensiva del presidente, che da quando si è insediato alla Casa Bianca due mesi e mezzo fa ha firmato 110 ordini esecutivi, molti in contrasto con i dettami della Costituzione, non ha lasciato spazio al dialogo.
In piazza quindi per esprimere il proprio dissenso. Così le organizzazioni della società civile, da quelle dei Verdi ai transgender, alle associazioni in difesa degli immigrati, a quelle dei consumatori, ai “pro-choice”, si sono dati appuntamento per contestare le azioni della Casa Bianca e i tagli di Elon Musk.
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Secondo gli organizzatori, più di 500.000 persone hanno confermato la propria presenza per partecipare ai mille raduni, marce o proteste che si svolgeranno in tutti e 50 gli Stati dell’Unione.
“Dobbiamo respingere il bullismo della Casa Bianca – ha affermato Hunter Dunn, portavoce di 50501 –. Trump sta uccidendo le nostre libertà con le sue minacce. È un servitore dello Stato che si è autoproclamato imperatore degli Stati Uniti”.
“Quello che conta davvero nella nostra dimostrazione – ha dichiarato la direttrice esecutiva di MoveOn, Rahna Epting – è far vedere che l’America di Trump è sulla pista sbagliata, che le sue scelte contro le conquiste sociali, i diritti di parola, il suo bullismo, non sono condivisi. Non ci rappresenta. I danni che sta causando al Paese sono incalcolabili”.
“Vogliamo portare il nostro dissenso nelle periferie – ha annunciato Rachel O’Leary Carmona, direttrice esecutiva di Women’s March –, nelle parti rurali dell’America, fuori dalle metropoli dove già la popolarità di questa amministrazione è messa in discussione. Siamo più forti numericamente. Dobbiamo mettere da parte le nostre divisioni per poter far fronte alla folle gestione di questa presidenza”. Ha aggiunto di tenere d’occhio il gran numero di proteste programmate, soprattutto nelle piccole città.
“Mi piace sentire che domani – ha aggiunto Dunn –. Ci saranno 200 persone a Fargo, nel North Dakota, 700 ad Amarillo in Texas, 100 a Casper in Wyoming. Ci vuole vero coraggio politico per dimostrare in queste piccole città, le cui amministrazioni sono tutte in mano ai repubblicani, e mostrare che ci sono cittadini che rigettano il divisionismo fomentato dalla Casa Bianca. Siamo americani anche noi e lottiamo per unire il Paese”.
Una protesta con tante e differenti componenti al suo interno che contesta la gestione del Paese. “Trump e Musk – scrive MoveOn – pensano che il Paese appartenga a loro”.

Nel mirino dei manifestanti ci sono anzitutto i tagli di spesa decisi dal Dipartimento per l’Efficienza Governativa guidato da Musk e dunque i licenziamenti dei lavoratori federali. Ma anche la gestione dei sussidi della Social Security, del piano sanitario Medicaid, le conseguenze dei dazi sui consumatori con il previsto aumento dei prezzi, la chiusura agli immigrati e la deportazione, la cancellazione delle politiche di inclusione e il coinvolgimento nel governo del non eletto Musk.
L’evento nella capitale federale secondo gli organizzatori dovrebbe essere il più grande, con una marcia al Washington Monument.
“Chiunque pensi che le proteste, le cause legali e le battaglie giudiziarie portate avanti da giudici di parte faranno cambiare rotta al presidente Trump si sbaglia. Il presidente Trump non si farà dissuadere dal mantenere le promesse fatte per rendere il nostro governo federale più efficiente e più responsabile nei confronti dei laboriosi contribuenti americani in tutto il paese che lo hanno rieletto a larga maggioranza”, ha detto la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt.