Un giudice federale ha stabilito mercoledì che il palestinese Mahmoud Khalil, in possesso della green card, prelevato sabato da agenti dell’ICE e trasportato in un centro di detenzione in Louisiana, rimarrà in detenzione mentre il suo caso viene esaminato. Il giudice federale Jesse Furman ha temporaneamente fermato il processo di deportazione contro Khalil lunedì in attesa dell’udienza di oggi, in cui ha anche accolto la richiesta degli avvocati di Khalil di avere comunicazioni privilegiate con lui, finora negate. Gli è stata concessa una telefonata al giorno con i suoi avvocati mercoledì e giovedì.
Khalil, che a dicembre ha conseguito un master alla Columbia School of International and Public Affairs, la scorsa primavera ha organizzato delle proteste nel campus per condannare la guerra di Israele contro Hamas a Gaza, che la maggior parte delle organizzazioni per i diritti umani considera un genocidio. La moglie, una cittadina americana incinta di otto mesi, non ha ancora potuto vederlo. “Mio marito è stato rapito dalla nostra casa ed è vergognoso che il governo degli Stati Uniti continui a trattenerlo perché si è battuto per i diritti e le vite del suo popolo”, ha dichiarato oggi la donna durante una manifestazione davanti al tribunale federale a downtown Manhattan. “Molti di coloro che conoscono e amano Mahmoud si sono riuniti rifiutandosi di rimanere in silenzio. Il loro sostegno è una testimonianza del suo carattere e della profonda ingiustizia che gli viene fatta”.
Gli avvocati di Khalil hanno sostenuto in tribunale che la sua detenzione e il suo trasporto a una struttura in Louisiana equivalgono a una ritorsione per “espressione costituzionalmente protetta”. La revoca della green card avviene solitamente attraverso un processo che non prevede l’arresto dell’individuo. Secondo il manuale di politica dei Servizi per la Cittadinanza e l’Immigrazione degli Stati Uniti (U.S. Citizenship and Immigration Services – USCIS), il governo deve emettere un avviso di intenzione di revoca (Notice of Intent to Rescind – NOIR) al residente permanente legittimo in questione, al quale viene poi offerta l’opportunità di confutare le accuse del governo contro di lui attraverso una lettera giurata o un’udienza di fronte a un giudice dell’immigrazione.
L’amministrazione Trump ha invece optato per un oscuro statuto dell’epoca della Guerra Fredda – l’Immigration and Nationality Act – che conferisce al Segretario di Stato il potere unilaterale di espellere qualsiasi straniero (cioè un non-cittadino, anche se titolare di green card) che abbia “ragionevoli motivi per ritenere che avrebbe potenzialmente gravi conseguenze negative per la politica estera degli Stati Uniti”.
Il Segretario di Stato Marco Rubio, che ha scritto in un post su X poco dopo l’arresto di Khalil definendolo un “sostenitore di Hamas”, ha firmato personalmente l’espulsione di Khalil, secondo le fonti che hanno parlato con Zeteo. L’ex senatore repubblicano ha continuato la sua retorica parlando alla stampa mercoledì: “Se ci dici che sei a favore di un gruppo come questo, e se ci dici quando fai domanda per il tuo visto ‘e, a proposito, intendo venire nel tuo Paese come studente, e scatenare tutti i tipi di attività anti-studenti ebrei, antisemite, intendo far chiudere le tue università’ – se ci avessi detto tutte queste cose quando hai fatto domanda per il visto, ti avremmo negato il visto”.
Nell’udienza di mercoledì, gli avvocati del governo non hanno presentato alcuna prova che Khalil abbia sostenuto un’organizzazione terroristica, né sono state presentate accuse penali contro di lui.