In un crescendo di onnipotenza del potere, il presidente Donald Trump, con un ordine esecutivo, si è investito del controllo delle agenzie indipendenti, la cui indipendenza è stata sancita dal Congresso.
Un affondo, questo, del capo della Casa Bianca, con cui allarga enormemente i suoi poteri e che inevitabilmente innescherà una serie di battaglie legali, anche perché nella sua ordinanza afferma che “spetta soltanto a lui e all’Attorney General interpretare la legge” e che le agenzie indipendenti dovranno eseguire le sue direttive. Così, mentre il Congresso può approvare leggi e stanziare fondi, Trump sostiene di poter ora cambiare o congelare i finanziamenti approvati dal Congresso e, con Senato e Camera a maggioranza repubblicana, nessuno si oppone, lasciando carta bianca al presidente.
Nell’ordinanza, Trump, dopo aver licenziato tutti i responsabili delle agenzie indipendenti, richiede alle stesse di sottoporre i propri regolamenti all’esame della Casa Bianca, assumendosi il potere di selezionare i finanziamenti per quei progetti che rispettano le decisioni della sua agenda politica.
Le agenzie prese di mira sono la Securities and Exchange Commission, che controlla le attività finanziarie di Wall Street a tutela degli investitori; la Federal Trade Commission, l’agenzia che si occupa della tutela dei consumatori e della concorrenza leale; la Federal Communications Commission, che stabilisce le normative sulle telecomunicazioni e assegna le frequenze radio e TV; e il National Labor Relations Board, l’agenzia che tutela i diritti dei lavoratori.
L’ordine di Trump si basa su una serie di direttive emesse dalla Casa Bianca nel 1981 dall’allora presidente Ronald Reagan, che richiedeva alle agenzie di sottoporre i regolamenti all’analisi dell’ufficio budget della Casa Bianca, escludendo però dal controllo quelle agenzie che il Congresso aveva sancito come indipendenti.
Trump ha affidato al direttore dell’ufficio Budget, Russell Vought, controverso autore del “Project 2025” – il manifesto di transizione all’autoritarismo – il potere di ritirare i fondi da progetti e iniziative non allineate con la sua agenda.
Secondo George Will, l’editorialista conservatore del Washington Post vincitore del Pulitzer nel 1977, “Questo disastro è stato creato dalla Corte Suprema e solo la Corte Suprema potrà risolverlo”.
La scorsa estate, dopo che la massima assise giudiziaria del Paese ha deciso che il presidente gode di un’immunità totale su tutti gli ordini presidenziali, la NPR (National Public Radio) affermò che sarebbe stato impossibile per i partiti dell’opposizione o per i magistrati porre un freno all’espansione del potere esecutivo.
La Corte Suprema ha inoltre stabilito che “i tribunali non possono indagare sulle motivazioni del Presidente”, rendendo irrilevante il ragionamento alla base di qualsiasi potenziale atto criminale compiuto da un presidente, che non potrebbe quindi essere portato in giudizio.
Nell’opinione di minoranza, redatta dalla giudice Sonia Sotomayor, venivano mosse aspre critiche ai magistrati conservatori, accusati di aver “inventato un’immunità ingiustificabile che pone il Presidente al di sopra della legge”. Sotomayor ha inoltre sottolineato che nella decisione dei magistrati conservatori non sono state considerate le conseguenze della condotta “non ufficiale” del presidente. In risposta, due giudici, Neil Gorsuch e Clarence Thomas, hanno affermato che avrebbero annullato il precedente giurisprudenziale stabilito dalla sentenza Humphrey’s Executor, che limitava il potere del Presidente nella rimozione dei responsabili di un organo amministrativo per ragioni non consentite dal Congresso. In quella decisione, la Corte aveva stabilito all’unanimità che il Presidente non disponeva di tale potere.