Con il termometro che scende sotto i -30°C e le nevicate che hanno trasformato il paesaggio in una trappola mortale, il confine fra Stati Uniti e Canada è ormai divenuto il teatro di una pericolosa lotta per la sopravvivenza.
Migranti provenienti da paesi lontani, come il Venezuela, si sono avventurati in condizioni estreme, alla ricerca di un rifugio che spesso sembra irraggiungibile. Le recenti retate da parte delle forze di polizia di Alberta e Manitoba, situate a sud est del paese, hanno rivelato la pericolosità delle traversate, che sottolineano anche le tensioni politiche e umanitarie legate a una frontiera sempre più sorvegliata.
La polizia di Alberta ha intercettato nove venezuelani, tra cui cinque bambini, che si stavano facendo strada attraverso la neve con valigie e senza un abbigliamento idoneo per poter affrontare il freddo pungente. Un secondo gruppo, composto da adulti provenienti da Giordania, Sudan, Ciad e Mauritius, è stato invece localizzato grazie a un aereo della delle forze dell’ordine che, utilizzava telecamere termiche. Entrambi i nuclei non avevano al loro seguito attrezzature adeguate.
Lisa Moreland, vice commissaria della polizia canadese, ha evidenziato che la situazione avrebbe potuto concludersi drammaticamente, come già accaduto nel 2022 alla famiglia Patel, la cui morte, avvenuta a causa del congelamento, aveva scosso profondamente l’opinione pubblica.
La politica di immigrazione degli Stati Uniti sotto la nuova presidenza di Donald Trump ha ulteriormente alimentato il flusso migratorio. Sebbene il magnate abbia più volte sostenuto che il Canada fosse un obiettivo per il traffico illecito di migranti e la diffusione di droghe, i dati indicano che la realtà è assai diversa.
Nel 2023, le autorità statunitensi hanno arrestato circa 24.000 persone che cercavano di entrare illegalmente nel paese attraverso il confine settentrionale, ma il numero di arresti è ampiamente inferiore rispetto ai 1,5 milioni di intercettazioni rilevate lungo il confine con il Messico.
In risposta alle preoccupazioni sollevate da Trump, il governo canadese ha annunciato investimenti significativi per rafforzare la sicurezza, incluso l’impiego di elicotteri Black Hawk e droni da sorveglianza. Inoltre, anche le province hanno implementato le risorse per far fronte a questa crescente sfida, Alberta ha recentemente istituito un’unità di pattuglie armate.
Tuttavia, mentre la politica di deportazioni di massa promossa dal neo eletto presidente americano continua a essere un punto di contesa, le previsioni di un esodo imminente verso il “paese dalla foglia d’acero” si sono dimostrate infondate.
Con la chiusura di Roxham Road, uno dei punti cruciali per le traversate irregolari, l’impatto sul numero di migranti che arrivano in Canada si è ridotto, anche se le richieste di asilo ai porti ufficiali sono aumentate. La legge attuale, che consente alle persone di presentare una domanda di soggiorno dopo 14 giorni di permanenza nello Stato, ha incentivato molte persone a intraprendere viaggi rischiosi pur di trovare un riparo.
Come precisato da Abdulla Daoud del Refugee Centre di Montreal, un’organizzazione che si occupa di supportare i rifugiati e i richiedenti asilo, “per chi non ha altra scelta, i rischi diventano una necessità”. La situazione mette in luce una tragedia che continua a coinvolgere centinaia di soggetti in fuga da condizioni di vita insostenibili.
Il confine settentrionale, quindi, non è solo una linea geografica, ma una barriera fatta di speranze e disperazione, dove il desiderio di sicurezza e una vita migliore si scontra con la rigidità di un inverno impietoso.