Giovedì sera, i sindacati dei dipendenti federali hanno intentato una causa all’Amministrazione Trump per bloccare la chiusura della USAID, l’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale, dopo che il Department of Government Efficiency (DOGE) di Elon Musk ha sospeso migliaia di lavoratori e bloccato l’accesso ai sistemi interni. L’AFSA e l’AFGE, due grandi sindacati federali, hanno fatto causa contro Trump, il Segretario di Stato Marco Rubio e il Segretario del Tesoro Scott Bessent, chiedendo un’ingiunzione per fermare lo smantellamento dell’agenzia.
L’amministrazione Trump prevede di ridurre i dipendenti presso l’Agenzia da più di 10.000 a circa 290: resterebbero dipendenti specializzati in assistenza sanitaria e umanitaria. Ciò che resta dell’agenzia secondo questo piano di “efficientamento” è ora sotto la guida del Dipartimento di Stato. Il Segretario di Stato Marco Rubio ha affermato che l’agenzia è inefficiente e promuove un’agenda liberal che va contro la politica estera del presidente Trump.
I dipendenti di USAID cercano un compromesso chiedendo tagli meno severi e hanno presentato al Dipartimento di Stato liste significativamente più lunghe del personale che ritengono essenziale per portare avanti programmi salvavita.
C’è da chiedersi se l’amministrazione Trump intenda davvero smantellare del tutto l’agenzia, la più grande finanziatrice al mondo di progetti umanitari, o se la decisione – presa con un ordine esecutivo che per ora dura 90 giorni – faccia parte di un piano che si potrebbe definire con termine bellico “shock and awe”: mirare altissimo per giungere a un risultato meno brutale (ma che sarebbe comunque parso incredibile fino a due settimane fa).
Intanto la decisione di smantellare la USAID non sta solo danneggiando i programmi di assistenza nel mondo, ma sta anche mettendo a rischio miliardi di dollari destinati ad aziende e agricoltori americani. USAID supervisiona progetti come assistenza alimentare, soccorsi in caso di disastri, cure sperimentali in oltre 100 paesi, con un budget di circa 40 miliardi di dollari. Ma milioni di quei dollari rientrano nell’economia americana. L’aiuto umanitario di USAID infatti si basa in larga misura su beni e servizi forniti da aziende e organizzazioni non profit statunitensi. Gran parte del denaro proviene da organizzazioni americane con personale americano. Gli esperti avvertono dunque che lo smantellamento di USAID avrà anche effetti a catena sull’economia agricola americana.
Circa il 41% dell’assistenza alimentare che l’agenzia, in collaborazione con il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, invia in tutto il mondo ogni anno, proviene da aziende agricole americane secondo un rapporto del 2021 del Congressional Research Service. Nel 2020, il governo degli Stati Uniti ha acquistato 2,1 miliardi di dollari di assistenza alimentare da agricoltori americani.
Poi ci sono i ricercatori con posti di lavoro finanziati da USAID, che sono stati messi in congedo: piccole aziende che potrebbero chiudere, mettendo in crisi i posti di lavoro del personale d’ufficio e delle guardie di sicurezza. “Stiamo parlando di un impatto diretto sui prodotti americani e sui posti di lavoro americani”, ha detto George Ingram, senior fellow presso il Center for Sustainable Development della Brookings Institution.

Gli effetti ovviamente si sentono in tutto il mondo: ci sono miriadi di programmi anche sperimentali che sono stati bruscamente interrotti dall’ordine esecutivo di Trump. Un esempio: il New York Times racconta di Asanda Zondi, 22enne del Sudafrica che stava partecipando a una ricerca su un nuovo dispositivo per prevenire la gravidanza e l’infezione da HIV. Un’infermiera le ha telefonato per dirle che il suo dispositivo, un anello di silicone inserito in vagina, doveva essere rimosso immediatamente perché il programma era stato interrotto. Il finanziamento veniva da USAID. In tutto il mondo ci sono persone che stavano assumendo farmaci sperimentali o che indossano dispositivi medici, improvvisamente lasciate a loro stesse.
Il Dipartimento di Stato, interpellato dal Times, ha risposto a una richiesta di commento indirizzando un giornalista a USAID.gov, che non contiene più alcuna informazione se non che tutti i dipendenti permanenti sono stati messi in congedo amministrativo.
Gli Stati Uniti sono firmatari della Dichiarazione di Helsinki, che stabilisce i principi etici sotto i quali deve essere condotta la ricerca medica, richiedendo che i ricercatori si prendano cura dei partecipanti durante tutto lo studio e riferiscano i risultati delle loro scoperte alle comunità dove gli studi sono stati condotti. Gli scienziati che gestiscono i programmi interrotti – e ai quali è vietato, secondo i termini dell’ordine esecutivo, parlare con i media — si trovano di fronte a scelte strazianti: violare l’ordine di sospensione e continuare a prendersi cura dei volontari della sperimentazione, oppure lasciarli soli ad affrontare potenziali effetti collaterali.