Ieri, diverse città degli Stati Uniti, sono state teatro delle prime proteste contro i provvedimenti presi dall’amministrazione federale guidata da Donald Trump, insediatosi alla Casa Bianca lo scorso 21 gennaio.
I manifestanti della Pennsylvania, della California, del Minnesota, del Michigan, del Texas, del Wisconsin, dell’Ohio, dell’Indiana e non solo, in particolare, hanno espresso il loro dissenso contro il piano riguardante la deportazione di massa degli immigrati irregolari, contro la revoca dei diritti delle persone transgender e, naturalmente, contro le recenti affermazioni del tycoon, intenzionato ad occupare militarmente la Striscia di Gaza per trasformarla nella “riviera del Medio Oriente”, trasferendo altrove i circa 2 milioni di abitanti palestinesi.
Le proteste sono state il risultato di un movimento organizzatosi online, con gli hashtag #buildtheresistance e #50501: 50 proteste, 50 stati, un giorno. Siti web e account sui social media hanno inoltre lanciato avari slogan come “Rifiutiamo il fascismo” e “Difendiamo la nostra democrazia”.
A Lansing, nel Michigan, la folla si è radunata nei pressi del Campidoglio locale, nonostante le temperature gelide. Una donna portava con sé un cartello sui cui vi era disegnato Elon Musk con il braccio alzato (un chiaro riferimento al saluto romano fatto dal 53enne lo scorso 20 gennaio) che conduceva a suo piacimento Trump. “Se non lo fermiamo e se il Congresso non farà nulla, ci sarà un attacco alla nostra democrazia”, ha detto la manifestante.
Musk è stato uno degli individui più criticati durante i movimenti di ieri. “Il Doge non è legittimo”, si leggeva su diversi cartelli esposti, “Perché Elon deve avere accesso alle vostre informazioni sulla previdenza sociale?”. A Phoenix, Arizona, le persone in strada hanno invece intonato il coro “Deportate Elon. Niente odio, niente paura, gli immigrati sono benvenuti qui”.
A Denver, le proteste hanno coinciso con le operazioni nelle vicinanze degli agenti dell’Immigration and Customs Enforcement, a cui Trump ha affidato il compito di arrestare i clandestini.
In Alabama, diverse centinaia di persone si sono radunate fuori dal palazzo del governo statale, per protestare contro le misure che prendono di mira la comunità LGBTQ+. Martedì, infatti, il governatore Kay Ivey aveva promesso che avrebbe firmato una legge che afferma che esistono sono solo due generi sessuali, maschile e femminile, rievocando il recente ordine esecutivo promosso da Trump in occasione del suo insediamento.
“Il presidente pensa di avere molto potere”, ha detto alla folla la reverenda Julie Conrady, “Ma non ha il potere di definire la vostra identità”.
A Washington, infine, numerosi manifestanti pro-Gaza si sono dati appuntamento nei pressi della Casa Bianca, dove hanno il coro “Free Palestine!”. Come riportato dal New York Times, questi ultimi hanno inoltre urlato in direzione della “dimora” presidenziale frasi come: “Trump deve andare in prigione!”.