Negli ultimi anni, la Groenlandia ha visto un’accelerazione senza precedenti nel collasso del suo ghiaccio. Secondo un recente studio dell’Università di Durham, nel Regno Unito, tra il 2016 e il 2021 i crepacci nella calotta glaciale sono aumentati del 25,3% nelle zone a rapido scorrimento. Una dinamica preoccupante che segna un drammatico passo avanti nel processo di disgregazione dei ghiacci, con implicazioni dirette sull’innalzamento del livello del mare e sugli ecosistemi globali.
Il riscaldamento climatico, responsabile dell’aumento delle temperature sia atmosferiche che oceaniche, accelera questo fenomeno. Il ghiaccio, che scivola verso l’oceano, rompe le barriere naturali crea nuovi crepacci e accresce il distacco di iceberg. Secondo i ricercatori, questa accelerazione dei flussi ghiacciati potrebbe portare a un sollevamento del livello del mare di 30 centimetri entro il 2100, un fattore che potrebbe avere un impatto radicale sulle coste di tutto il mondo. La Groenlandia, che dal 1992 ha contribuito a un aumento di 1,4 centimetri delle acque marine, continua a giocare un ruolo cruciale nell’equilibrio climatico mondiale.
Per gli scienziati e i climatologi, la Groenlandia rappresenta un’area cruciale della crisi climatica, ma sul piano geopolitico l’isola ha un significato ancora più significativo. Donald Trump, neo eletto presidente degli Stati Uniti, ha più volte manifestato il suo interesse per il territorio danese, spinto non da preoccupazioni ambientali, ma soprattutto da motivi strategici. Il territorio, infatti, è ricco di risorse fondamentali come petrolio, gas naturale, uranio e minerali rari, cruciali per l’energia e l’industria tecnologica.
Il magnate, da sempre favorevole al ricorso dei combustibili fossili, ha cercato di indirizzare l’attenzione degli Stati Uniti su queste forniture, un’opportunità che potrebbe ridurre la dipendenza dal mercato cinese, che attualmente domina le riserve. La Groenlandia potrebbe quindi diventare il nuovo terreno di scontro non solo per la lotta contro il cambiamento climatico, ma anche per il controllo dei materiali che determineranno l’energia e la tecnologia del futuro.