L’FBI ha fornito al Dipartimento di Giustizia un elenco con i nomi di migliaia di dipendenti coinvolti nelle indagini sull’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, come era stato espressamente richiesto dall’amministrazione di Donald Trump.
Secondo la CNN, i vertici della polizia federale avrebbero consegnato al Governo oltre 5.000 nominativi, su un totale di 13.000 agenti e circa 38.000 dipendenti dell’FBI. Il vice procuratore generale ad interim, Emil Bove, aveva infatti imposto al Bureau la scadenza di mezzogiorno di martedì per la consegna dei nomi, oltre ad aver già ordinato il licenziamento di otto alti funzionari dell’agenzia, tra cui responsabili di settori chiave come sicurezza informatica, sicurezza nazionale e indagini criminali.
Il procuratore generale ad interim James McHenry ha giustificato i licenziamenti sostenendo che i funzionari coinvolti non garantivano affidabilità nell’attuazione dell’agenda della nuova amministrazione.
Un gruppo di agenti ha contestualmente intentato causa contro il Dipartimento di Giustizia, sostenendo che la richiesta di compilare un sondaggio sulle loro attività investigative legate al 6 gennaio violerebbe la Costituzione e le normative sulla privacy, chiedendo inoltre a un giudice federale di bloccare la diffusione dei dati raccolti.
La denuncia – presentata in forma anonima come azione collettiva – sostiene che la raccolta di nomi di chi ha partecipato a inchieste scomode per Trump costituisce un atto ritorsivo, volto a intimidire il personale e scoraggiare future indagini su eventuali illeciti. Il questionario inviato agli agenti includeva domande sul loro ruolo all’interno dell’FBI e sulla loro partecipazione a operazioni relative al 6 gennaio, come arresti, testimonianze o interventi davanti a giurie federali.
Molti dipendenti dell’FBI si erano detti consapevoli che un secondo mandato di Trump avrebbe comportato cambiamenti, ma l’entità delle epurazioni ha colto molti di sorpresa. Alcuni agenti hanno manifestato preoccupazione per la centralizzazione delle indagini a Washington e il ridimensionamento delle strutture locali, chiedendo al Congresso di intervenire per fermare quelle che molti definiscono ormai come epurazioni.
Un gruppo di avvocati che rappresentano agenti e procuratori federali ha avvertito che eventuali licenziamenti potrebbero configurarsi come una violazione dei diritti costituzionali, sottolineando inoltre come la pubblicazione dei nomi degli agenti licenziati li esporrebbe a “rischi immediati di doxing, swatting, molestie o peggio”.
James Dennehy, responsabile della sede dell’FBI di New York, ha cercato di rassicurare i suoi colleghi con un’email interna: “Ricordo ancora la prima volta che ho scavato una trincea nei Marines, nel 1993. Avevo solo una pala portatile e ho lavorato tutto il giorno per creare una buca di due metri per due”, si legge nella mail. “È stato faticoso, ma ha funzionato. Oggi ci troviamo in una battaglia simile, e mi sento pronto a scavare ancora per difendere questa squadra.”