Il prossimo 27 gennaio, in occasione del Giorno della Memoria, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sarà presente ad Auschwitz per commemorare l’80° anniversario dalla liberazione del campo di concentramento nazista, un simbolo dell’orrore dell’Olocausto. La cerimonia di rilevanza internazionale riunirà sopravvissuti e leader di tutto il mondo, accomunati dall’impegno di custodire e tramandare la memoria delle vittime.
Auschwitz non fu solo il più grande centro di sterminio nazista, ma rappresentò un meccanismo di morte pianificato, simbolo della brutalità e del terrore nel cuore dell’Europa.
Tra Auschwitz e Birkenau, i cinquanta forni crematori divennero il teatro di un genocidio sistematico, dove oltre un milione e mezzo di persone persero la vita. I campi rappresentarono l’ultima tappa per i prigionieri, deportati con l’esplicito obiettivo di attuare la “soluzione finale” della questione ebraica.
Era il 27 gennaio 1945 quando i soldati della 60° Divisione di Fanteria dell’Armata Rossa raggiunsero Auschwitz, nella Polonia meridionale, nei pressi di Cracovia. Davanti ai loro occhi il cancello del campo, sormontato dalla tragica e ingannevole scritta “Arbeit Macht Frei” (“Il lavoro rende liberi”).

Il 16 ottobre 1965 Giuseppe Saragat, allora presidente della Repubblica, fu il primo capo di Stato a visitare Auschwitz, tappa conclusiva della visita ufficiale in Polonia. Depose una corona di fiori davanti al muro delle esecuzioni, che portava ancora le cicatrici del passato, con le macchie di sangue dei fucilati visibili sulle pietre. Visitò ciò che rimaneva delle camera a gas e osservò le testimonianze custodite nel Museo: le fotografie scattate nel campo durante il funzionamento e le vetrine contenenti cappelli, scarpe e indumenti appartenuti alle vittime.
Durante la visita, Saragat si trovò davanti a un ricordo particolarmente toccante: la targhetta di identificazione di Vittoria Nenni, figlia del leader socialista italiano Pietro Nenni. Arrestata a Parigi nel giugno 1942, Vittoria fu deportata ad Auschwitz nel febbraio 1943, dove le fu assegnato il numero di matricola 31635. La giovane donna morì nel luglio dello stesso anno. Il presidente non trattenne l’emozione quando gli venne mostrata una sua fotografia, accompagnata da una frase che lei stessa aveva lasciato come ultimo messaggio: “Riferite a mio padre che non ho perso il coraggio e che muoio per le mie idee”. Nel Museo, davanti alla vetrina che custodiva i cimeli della giovane, il capo di Stato depose un mazzo di rose bianche.
Nel suo discorso, Saragat definì il campo come una “mostruosa officina di morte”, un luogo in cui l’umanità era stata profanata dalla bestialità nazista. Sottolineò il tragico tradimento del patto umano che lega gli uomini, negato in ogni sua forma, persino nella più elementare espressione di dignità.
Nella delegazione presidenziale c’era Bernardo Mattarella, allora ministro del Commercio con l’Estero e padre di Sergio, attuale presidente della Repubblica.

La visita di Saragat ad Auschwitz seguì di pochi mesi un’altra iniziativa della sua presidenza: il riconoscimento della Risiera di San Sabba, a Trieste, come monumento nazionale.
La Risiera, unico lager nazista in Italia dotato di forno crematorio, fu un luogo di indicibili sofferenze: tra le tremila e le cinquemila persone vi persero la vita.
Il 12 maggio 1989 l’allora Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, visitò Auschwitz, lasciando una riflessione sull’eredità morale di quel luogo. Il campo rappresentava non solo il simbolo della capacità dell’uomo di compiere il male, ma anche un ammonimento universale: solo attraverso l’impegno per la pace e il dialogo tra i popoli si può scongiurare il ripetersi di simili orrori nella storia dell’umanità, secondo Cossiga. Il Presidente auspicò che quella tragedia immane potesse trasformarsi in un fondamento etico per edificare una casa comune europea, capace di unire le diverse culture e comunità del continente.

Nel 1996 il presidente Oscar Luigi Scalfaro, in visita ufficiale in Polonia, si recò ad Auschwitz. La prima tappa fu Varsavia, dove il capo dello Stato si fermò al Monumento agli Eroi del Ghetto, un luogo che ricorda i sessantatremila ebrei sterminati dai nazisti dopo l’insurrezione del ghetto del 1943.
Ad Auschwitz, accompagnato dalla figlia Marianna, Scalfaro percorse i padiglioni del campo, si fermò davanti alla cella di padre Massimiliano Kolbe, ora santo, che sacrificò la propria vita per salvare un padre di famiglia destinato al bunker della fame. All’uscita, rilasciò una breve dichiarazione, rievocando il momento di raccoglimento davanti al muro della morte: “La mia preghiera è stata molto semplice: ho chiesto di essere il meno possibile indegno di tanto sacrificio e di tanto dolore”.

Nel marzo 2000, il presidente Carlo Azeglio Ciampi visitò Auschwitz accompagnato dalla moglie Franca. Il viaggio rappresentò un momento di raccoglimento e un omaggio alle vittime dell’orrore nazista. Il capo dello Stato depose due corone di fiori: la prima nel Piazzale delle Fucilazioni; la seconda davanti a una lapide dedicata alle vittime italiane deportate.
Il 27 gennaio 2015, in occasione del 70° anniversario della liberazione del campo di Auschwitz, fu Pietro Grasso, presidente del Senato, nell’esercizio delle funzioni del presidente della Repubblica, a rappresentare l’Italia alla Processione al Monumento delle Vittime di Birkenau.


Il 18 aprile 2023, Mattarella visitò Auschwitz, partecipando alla “Marcia dei vivi”, un evento annuale che commemora le vittime della Shoah. In questa giornata significativa del calendario ebraico, migliaia di giovani si uniscono per attraversare i luoghi simboli dello sterminio, da Auschwitz a Birkenau. Accanto al presidente della Repubblica, la figlia Laura e le sorelle Andra e Tatiana Bucci, sopravvissute al campo di sterminio. Osservando le case e i forni, il capo dello Stato commentò: “Un luogo dell’orrore. Vederlo dà la misura dell’inimmaginabile”. Nel suo discorso, sottolineò l’importanza della testimonianza diretta dei sopravvissuti considerati preziosi custodi della memoria. Manifestò gratitudine alle sorelle Bucci per il loro impegno nel trasmettere alle nuove generazioni il ricordo di quanto accaduto. Affrontando il tema delle responsabilità storiche, richiamò l’attenzione sulla complicità dei regimi fascisti europei nel perpetrare crimini inaccettabili. E mise in guardia contro i pericoli attuali rappresentati dall’odio, dall’antisemitismo e dall’indifferenza, fenomeni che richiedono un impegno collettivo della società.
Il legame di Mattarella con la memoria della Shoah si era già manifestato nel 2018, con l’inaugurazione al Quirinale della mostra 1938: L’Umanità negata – Dalle leggi razziali italiane ad Auschwitz, in occasione dell’ottantesimo anniversario della promulgazione leggi razziali fasciste. L’esposizione, curata Paco Lanciano e Giovanni Grasso, ripercorreva il drammatico cammino di una famiglia ebrea dalla discriminazione al tragico epilogo nei campi di sterminio.