Donald Trump è tornato alla Casa Bianca. Nel suo discorso inaugurale ha detto che è stato salvato da Dio per fare di nuovo grande l’America, che con lui partirà un’altra età dell’oro, che i suoi astronauti andranno su Marte, che si riprenderà con la forza il canale di Panama, più tutto il resto (immigrati, generi sessuali, sanità pubblica, ruolo dell’esercito, anche che cambia il nome del Golfo del Messico). Che il declino degli Stati Uniti è finito e che con lui tutto sarà diverso, tanto diverso che ha nuovamente ripudiato gli accordi di Parigi sul clima.
La realtà, però, è ben diversa. Torna a Washington dopo quattro anni e trova un Congresso differente da quello che aveva trovato otto anni fa, quando nel suo discorso inaugurale, sotto la pioggia battente, parlò della “carneficina americana”. Allora, molti parlamentari repubblicani erano convinti che sarebbero stati in grado di controllare le sue focose richieste. A preoccuparli era di più il suo passato poco cristallino di costruttore rampante a New York che la sua agenda politica. Otto anni dopo i repubblicani lo sostengono quasi all’unanimità. I leader mondiali, i finanzieri e gli industriali, che un tempo si erano opposti a lui, oggi erano seduti in prima fila per mostrargli pubblicamente la loro approvazione.
Quella di oggi è stata anche una Washington molto diversa da quella di quattro anni fa, quando il palco costruito per l’insediamento di Joe Biden dovette essere riparato in fretta dopo il tentativo insurrezionale dei sostenitori di Trump che solo due settimane prima avevano preso d’assalto il Congresso smantellando i tubi dall’impalcatura per usarli come armi contro la polizia. In quella occasione, la Rotonda del Campidoglio era gremita dai MAGA riusciti ad entrare dopo aver sfondato le porte, malmenando gli agenti, distruggendo, urinando e defecando negli uffici dei parlamentari. Inoltre, nel 2020, la cerimonia è stata insolita, tenutasi senza la normale folla a causa della pandemia di Covid. Gli ospiti, con le mascherine, erano distanziati anziché ammassati. Allora, il presidente sconfitto si rifiutò di partecipare e molti repubblicani pensarono che la sua carriera politica fosse finita, che l’America, inorridita dalla sua totale mancanza di rispetto delle istituzioni, non lo avrebbe mai più accettato. Ma non è stato così, gli americani il 5 novembre lo hanno perdonato ed è tornato alla Casa Bianca più forte che mai perché ora anche Camera e Senato sono con lui.

“È una vittoria del GOP nel senso che Trump ora ha questo nuovo partito repubblicano populista”, ha affermato il senatore repubblicano Kevin Cramer del North Dakota. “Non c’è dubbio che il livello di entusiasmo alla Camera e al Senato sia oggi molto più forte di quello di otto anni fa”.
Anche il senatore del South Dakota, Mike Rounds, ha dichiarato che, mentre Trump nel 2017 era uno sconosciuto, ora i repubblicani capiscono come opera e sostengono le sue idee. I parlamentari del suo partito sostengono di promuovere i suoi piani per l’immigrazione, l’energia interna e le normative fiscali.
Non sarà però una impresa facile perché mentre le leggi alla Camera passano con la maggioranza semplice, al Senato debbono passare con la maggioranza qualificata di 60 senatori e i repubblicani sono solo 53. Unica eccezione sono le leggi del bilancio federale che hanno bisogno soltanto della maggioranza semplice. Il che significa che per evitare il voto dei democratici e aggirare gli ostruzionismi Trump dovrà limitare le politiche alla spesa e alle tasse. Il primo test a dicembre ha mostrato i suoi limiti, dopo che il Congresso ha respinto la sua richiesta di eliminare il limite del debito di spesa. E questo è stato un campanello d’allarme sia per il presidente che per lo speaker della Camera Mike Johnson: non dovranno convincere solo i democratici, ma anche quello zoccolo duro della destra repubblicana che senza i tagli alla spesa pubblica minaccia di far saltare i suoi programmi della Casa Banca. Johnson minimizza la minaccia e si è detto determinato a far passare l’intera agenda in un’unica enorme proposta di legge, dichiarando alla NBC News che ha intenzione di farla approvare alla Camera entro aprile. Ma l’estrema destra del Freedom Caucus non è d’accordo e ha già annunciato che dovrà essere scorporata in due proposte di legge.
I repubblicani del Senato, guidati dal leader della maggioranza John Thune, sono anche loro dell’idea di dividere le richieste di Trump: una proposta di legge più piccola per aumentare i finanziamenti per la sicurezza della frontiera e un’altra, nella tarda primavera, per l’estensione dei tagli fiscali, ma sono anche aperti alla possibilità che la Camera riesca a superare le divisioni della destra del partito repubblicano e approvi una legge onnicomprensiva. Thune ha annunciato che se le cose andranno per le lunghe farà pressione su Mike Johnson affinché le proposte siano divise.
Il senatore Chuck Grassley, presidente della Commissione Giustizia, che scriverà la sezione sulla sicurezza delle frontiere e l’applicazione delle misure sull’immigrazione, ha affermato che la riforma costerà tra gli 80 e i 100 miliardi di dollari.
Il senatore Dick Durbin, leader democratico della stessa Commissione, ha dichiarato che i democratici sono pronti ai colloqui per trovare soluzioni comuni, ma se non ci sarà un accordo bipartisan ci sarà battaglia al Congresso.