Nel giorno in cui Nicolas Maduro ha giurato come presidente del Venezuela per un terzo contestatissimo mandato di sei anni, gli Stati Uniti hanno annunciato un aumento della taglia sulla sua testa: 25 milioni di dollari per informazioni che portino all’arresto. Offerte anche ricompense per informazioni che portino all’arresto e alla condanna del ministro degli Interni Diosdado Cabello e una nuova ricompensa fino a 15 milioni di dollari per il ministro della Difesa Vladimir Padrino.
La cerimonia di insediamento è stata oscurata dalle recriminazioni della comunità internazionale e dei leader dell’opposizione venezuelana. L’UE ha dichiarato di voler estendere le “misure restrittive” contro il Venezuela a causa della “mancanza di progressi… che portino al ripristino della democrazia e dello stato di diritto” e ha anche sanzionato altri 15 funzionari venezuelani.
Maduro ha prestato giuramento davanti al Parlamento, assicurando con voce roboante che il suo terzo mandato di sei anni sarà un “periodo di pace”. “Questo nuovo mandato presidenziale sarà il periodo della pace, della prosperità, dell’uguaglianza e della nuova democrazia”, ha dichiarato. “Lo giuro sulla storia, lo giuro sulla mia vita e lo realizzerò”, ha aggiunto.
I risultati delle elezioni del 28 luglio sono stati ampiamente respinti dalla comunità internazionale, compresi Brasile e Colombia, alcuni dei vicini del Venezuela che hanno un governo di sinistra. L’insediamento stesso è stato un evento strettamente controllato. La maggior parte dei media venezuelani accreditati non sono stati ammessi all’interno e i giornalisti stranieri non sono stati ammessi nel Paese. Il Venezuela ha anche chiuso per tre giorni il confine con la Colombia parlando della minaccia di un “complotto internazionale.
Maduro ha ancora alcuni alleati, tra cui Iran, Cina e Russia, ma è sempre più isolato sulla scena mondiale. I presidenti di Cuba e Nicaragua erano gli unici leader presenti all’inaugurazione.
Il leader venezuelano ha consolidato il suo potere con sempre più evidenti tratti autoritari, e la sua recente rielezione, a seguito di elezioni molto contestate, ha scatenato nuove ondate di proteste e repressioni. Il 62enne è stato dichiarato vincitore delle presidenziali dello scorso luglio, ma molti Paesi, tra cui gli Stati Uniti, hanno respinto il risultato e riconosciuto il candidato dell’opposizione in esilio Edmundo González come legittimo presidente eletto. González è fuggito dal Venezuela a settembre e ha vissuto in Spagna, ma questo mese ha fatto il giro delle Americhe per raccogliere il sostegno internazionale.
Il governo di Maduro ha emesso un mandato di arresto nei suoi confronti, offrendo una ricompensa di 100.000 dollari per informazioni che portino alla sua detenzione. Anche Maria Corina Machado, leader effettiva dell’opposizione, che González aveva sostituito sulla scheda elettorale dopo che le era stato impedito di candidarsi, è stata presa di mira; da agosto non appariva in pubblico, giovedì ha partecipato a una manifestazione, è stata arrestata e subito liberata a seguito di un’ondata di indignazione internazionale.
Al di fuori delle mura di Miraflores, la residenza ufficiale del presidente, l’attenzione è rivolta tutta all’opposizione. González ha promesso di tornare nella Nazione per reclamare la sua posizione di leader. La sfida al regime di Maduro è simbolica, ma concreta è la minaccia di arresto che la accompagna. Intanto le manifestazioni sono tornate a infiammare 20 delle 23 regioni venezuelane, nonostante siano state respinte dalle forze di sicurezza con l’uso di lacrimogeni e violenze. I blocchi stradali e la sorveglianza aerea con droni sono diventati strumenti quotidiani della repressione, che il regime giustifica come una difesa contro presunti “nemici interni ed esterni” accusati di voler destabilizzare il paese. Non sorprende inoltre che i governanti abbiano utilizzato il pretesto di “piani terroristici” per giustificare le decine di arresti, tra cui quelli di attivisti e giornalisti, mentre continua la persecuzione nei confronti della leadership dell’opposizione.
In questo clima di crescente tensione, il nuovo insediamento rappresenta l’apice di un percorso che ha portato la Nazione sempre più lontana dalla democrazia.