Non c’è pace al Congresso, neanche per Natale. La Camera è in subbuglio e venerdì sarà l’ultimo giorno di lavoro di questa legislatura. Il nuovo Congresso riprenderà i lavori il 3 gennaio e, clamorosamente, lo speaker Mike Johnson rischia di essere messo in minoranza dai suoi stessi compagni di partito.
La legge ponte, la Continuing Resolution, approvata ieri dal leader della maggioranza repubblicana alla Camera e ancora non votata, rischia di fargli lo sgambetto. L’accordo bipartisan che in 1.500 pagine, con molta generosità, finanzierà la spesa federale fino al 14 marzo contiene circa 100 miliardi di dollari di spese. La maggior parte dei fondi dovrebbe andare alla FEMA, la Protezione Civile, per ricostruire il Disaster Relief Fund che dopo gli uragani di quest’anno, ha visto prosciugate le casse dell’ente federale e altri 10 miliardi di dollari in aiuti bancari per gli agricoltori estendendo per un anno le facilitazioni concesse nei programmi di assistenza. Poi nel pacchetto è stato aggiunta la riforma dei Pharmacy Benefit Managers (PBM) che mira a regolamentare le pratiche degli intermediari nel settore farmaceutico negoziando prezzi e rimborsi per i medicinali. La riforma prevede misure per aumentare la trasparenza nelle valutazioni dei costi delle medicine divulgando sconti e incentivi che le case farmaceutiche ricevono dal governo federale. Inoltre limita le restrizioni che queste società impongono ai pazienti a determinati farmaci o farmacie. L’obiettivo principale sarebbe quello di garantire che i risparmi nella vendita delle medicine siano trasferiti ai consumatori e non alle case farmaceutiche.
Nel pacchetto ci sono anche due miliardi di dollari per la ricostruzione del ponte Francis Scott Key Bridge nel Maryland e i soldi per i rimborsi per i mancati guadagni derivanti dalla costruzione del nuovo stadio a Washington della squadra di football dei Commanders che attualmente gioca a Landover, sempre in Maryland.
Infine, quasi come una postilla al termine di una lunga lettera, nella Continuing Resolution è stato aggiunto l’aumento di stipendio per i parlamentari, il primo dal 2009. I congressman attualmente hanno uno stipendio base annuale di 174 mila dollari. Lo speaker della Camera guadagna 235 mila dollari e i leader della maggioranza e della minoranza 193 mila dollari a testa. L’aumento è del 3,8% e porterebbe lo stipendio base a 180 mila dollari.
A queste decisioni si è ribellato Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo a cui Donald Trump ha affidato il compito di tagliare di un terzo la spesa pubblica. E Musk non ha perso tempo e sul suo profilo X ha lanciato l’offensiva contro l’accordo raggiunto per evitare lo shutdown. “Questa legge non deve passare'”, ha scritto ai suoi 207 milioni di follower con cui si mette alla guida del gruppetto di deputati dell’estrema destra che stanno attaccando l’accordo da lui definito una legge per i “regali di Natale”. A loro si è aggiunta l’eccentrica deputata Victoria Spartz che ha detto che non parteciperà alla votazione alla Camera, restringendo una maggioranza repubblicana super-striminzita, ma che sosterrà l’ancora non formato Department Of Government Efficiency presieduto da Musk e Vivek Ramaswamy. Contrario anche il parlamentare democratico del Maine, Jared Golden, che si oppone all’aumento degli stipendi di chi lavora al Congresso.
La presa di posizione di Musk, che ha rapporti diretti e quotidiani con Trump, mette in difficoltà lo speaker Mike Johnson che ha negoziato l’accordo che deve essere votato entro domani. Non è un segreto poi che tra il miliardario e il leader della Camera le relazioni non siano proprio cordiali, anche perché Johnson vede Musk come un intruso che si è infiltrato nell’agenda parlamentare mentre lui cerca di trovare il consenso al Congresso e negoziare il bilancio e Musk, che a sua volta, cerca di tirare colpi d’ascia per tagliare le spese. Da capire ora quali priorità saranno preferite dal nuovo presidente una volta che entrerà nello Studio Ovale.
Fatto sta che come i malumori alle decisioni dello speaker cominciavano a prendere piede alla Camera improvvisamente è stato deciso di aprire un’inchiesta su Liz Cheney per aver preso parte alla Commissione della Camera sul tentativo insurrezionale del 6 gennaio, accusandola di aver forzato Cassidy Hutchinson a testimoniare, e che il rapporto sulle malefatte di Matt Gaetz, che era stato secretato, inaspettatamente è stato annunciato che verrà rilasciato nei prossimi giorni. Veleni abilmente somministrati per mettere l’esigua maggioranza del GOP sulla difensiva. Bombe fumogene per distogliere, almeno per le prossime 24 ore, l’attenzione su una legge ponte generosissima che si scontra con le promesse elettorali di sanare i bilanci.