L’ultima fatica editoriale di Luigi Troiani, ha come sottotitolo: An Open Debate Among American and European Independent Voices. Fa piacere che in tempi di non richiesta ma continua esibizione di muscoli e insulti sui social media – grazie all’impegno della rivista di Stony Brook Forum Italicum e dell’editore milanese L’Ornitorinco – si sia potuto assemblare un volume che, in inglese, fa parlare voci autorevoli le più diverse da Usa, Italia, India, Cina, Gran Bretagna, Francia, Ungheria. Lituania, Polonia. Al lettore arriva un interessante spaccato critico e multidisciplinare sul cammino e i ritardi della costruzione istituzionale e politica dell’Unione, con il tentativo di rispondere all’interrogativo di fondo proposto dal titolo del libro: dove stai andando, cara UE? La presentazione è avvenuta al Centro Studi Americani di via Caetani, martedì 17 dicembre.
Guardando ai contenuti del lavoro curato da Troiani (che ha anche scritto l’introduzione Where the EU is hopefully going to, e il capitolo Scenarios for the European and Transatlantic near future) è stato sottolineato, in apertura dell’incontro romano, che il chiedersi dove stia andando l’Unione Europea “non riguarda solo il Vecchio Continente, ma l’intero equilibrio globale”, notando che la questione tocca in particolare gli Stati Uniti d’America, visti i profondi legami politici, economici e strategici che legano Washington, D.C., a Bruxelles.
Si tratta, in buona sostanza, di capire se le istituzioni comuni siano in grado di superare il nazionalismo e becero sovranismo che il populismo politico ha diffuso in diversi paesi membri, Italia inclusa, rispondendo alla loro missione di progredire verso un’autentica Unione che sappia confrontarsi con le sfide dei tempi: con l’espansionismo russo, ad esempio, e con il protezionismo proclamato dal presidente eletto Trump.
Un bivio sul quale si è espressa Simona Agostini, presidente di Pleiade International Award e organizzatrice del dibattito al Csa: “L’UE può diventare la terza potenza mondiale oppure cadere nell’ininfluenza. Dipenderà dai suoi comportamenti. La competizione tra UE e le altre potenze non può limitarsi al piano commerciale. Serve una battaglia per l’identità e i valori.”
Utilissimi, a questo proposito, gli approfondimenti proposti dai relatori, stimolati dalla giornalista Rai Giulia Bonaudi moderatrice dell’incontro. Per il domenicano Alejandro Crosthwaite, ordinario di Etica Politica alla Pontificia università san Tommaso in Roma, l’Ue deve recuperare due pilastri voluti dai padri fondatori: il sovranazionalismo e l’economia sociale di mercato. Nell’immediato la scelta riguarda tre modelli oprativi, non necessariamente in competizione o opposti: comunitario, liberale e repubblicano, costruttivista. Il primo immagina l’Ue come una grande famiglia di nazioni, il secondo punta a una cultura condivisa che sostenga un’Europa dei cittadini, il terzo intende dar corpo a uno spazio dove si realizzi il motto dell’Ue “Uniti nella diversità”. La globalizzazione e il vento freddo che spira da Cina e Russia minaccerebbero la realizzazione dei modelli, ma il dialogo sociale e politiche responsabili possono creare il consenso per realizzarli.
Giuseppe Poderati, che insegna all’università di Economia di Hubei, in Cina, oltre a sottolineare l’attenzione con la quale la Cina, da sempre favorevole a un sistema internazionale multipolare, guarda all’evoluzione delle istituzioni unionali, ha approfondito gli effetti di Brexit, il processo che ha portato il Regno Unito fuori dall’Unione, evidenziando quante difficoltà stia generando per imprese e cittadini dell’Unione e del Regno Unito. Guardando in particolare al rilevante problema del riscaldamento globale e delle politiche ambientali, ha notato come il distacco dall’Ue abbia generato nel Regno Unito un crescente affievolimento delle misure di protezionismo ambientale e mitigazione contro il riscaldamento climatico. Non è mancata la constatazione di come l’uscita britannica stia ipotecando l’elaborazione di una credibile politica unionale di dissuasione strategica.
Secondo Giuseppe Gazzola, professore associato in Italianistica a Stony Brook, “con Trump si avrà un minore coinvolgimento statunitense negli affari europei, il che isolerà l’UE, regalandole al contempo maggiore libertà di sviluppare un’autonomia strategica. La minaccia di non intervenire a favore dei paesi NATO che non investano in difesa almeno il 2% del PIL è spuntata perché nel frattempo i paesi direttamente minacciati dall’imperialismo russo (Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, Finlandia) spendono nel 2024 tra il 3 e il 4%. Con buona pace di Salvini e dei sostenitori italiani di Trump, con la nuova presidenza l’Italia risulterà tra i paesi più svantaggiati, sia perché faticherà ad arrivare al 2%, sia perché, con Germania e Francia, si ritroverà tra i più colpiti dal neo-protezionismo statunitense.”
Intervenendo su questo aspetto, il curatore del libro, Troiani ha osservato come la legislatura UE chiusa dalle elezioni di maggio, ha coinciso con un periodo di grande collaborazione con gli Stati Uniti. Al contrario, il modello proposto da Trump non fa ben sperare, anche perché l’amministrazione entrante sembra poco interessata al teatro europeo, rispetto, ad esempio, a quello del Pacifico o del Medio Oriente largo.
Auspicato dal curatore che l’UE continui ad essere una regione di pace e sviluppo, dandosi gli strumenti per tornare competitiva in termini economici, sociali e commerciali, magari seguendo le indicazioni che Mario Draghi ha ribadito nei giorni scorsi in una conferenza a Parigi. L’UE è un esperimento, unico nella storia, di costruzione dal basso di un’alleanza tra nazioni democratiche. In molti, per questa ragione, la vedono come il fumo negli occhi, e ne farebbero volentieri a meno. Non il mezzo miliardo di suoi cittadini.