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Trump compone il suo Gabinetto basandosi su un solo requisito: la fedeltà

Come è riuscito a trasformare il GOP in un partito-famiglia, così il presidente eletto si sta circondando dei MAGA più fedeli

Massimo JausbyMassimo Jaus
Il cambio del “Grand Old Party”, il partito-famiglia a capo degli Stati Uniti

La punte del partito/famiglia sul palco festeggia l'elezione di Donald Trump (al centro), Palm Beach, Florida, 5 novembre 2024/ANSA

Time: 3 mins read

Soprattutto, la fedeltà solo a lui, anche in barba al rispetto della Costituzione. Una visione feudale del potere appartiene a Donald Trump che, dopo due impeachment e una miriade di procedimenti giudiziari che hanno fatto da corollario alla sua prima presidenza, nella formazione del suo nuovo Gabinetto cerca solo fedelissimi da mettere nei posti chiave. Poco importa la loro competenza. Quello che conta è solo la loro sottomissione e la cieca obbedienza alle sue direttive. Un’arma da usare anche per colpire quanti nella prima presidenza hanno condannato la sua irrazionale gestione del potere. Perché, come i tiranni, volutamente confonde il dissenso per le sue poco ortodosse decisioni.

Durante i 4 anni della sua prima amministrazione Trump ha capito che, per lui, i nemici peggiori non sono i democratici, ma i repubblicani che contestano la sua presa sul partito trasformando. Per lui l’ex vicepresidente Mike Pence, che si è rifiutato di prendere parte al suo complotto per sovvertire il risultato delle elezioni del 2020, è un traditore. Lo stesso vale per l’ex parlamentare Liz Cheney e l’ex congressman Adam Kinzinger, che hanno fatto parte della Commissione d’Inchiesta della Camera sul tentativo insurrezionale del 6 gennaio. I loro sarebbero i primi nomi della lista delle persone che vorrebbe che il prossimo dipartimento della Giustizia metta sotto indagine.

Il successo di Trump, secondo molti osservatori a lui legati, dipenderà dalla lotta che porteranno avanti le persone da lui scelte per far avanzare i suoi programmi, perché la guerra dichiarata alla burocrazia federale, alla regolamentazione e ai tagli di bilancio senza le loro battaglie rischia di rimanere impantanata nelle sabbie mobili del Congresso.

Il Gabinetto di Trump - Pt1 Grafica: Blazing Pixels
Il Gabinetto di Trump – Pt1 Grafica: Blazing Pixels

“Devono essere risoluti nel loro impegno per la visione del presidente”, ha detto alla CNBC un alto funzionario della nuova amministrazione Trump.

I “falchi” da tempo hanno già gettato le basi per le “truppe d’assalto”, quelle “shock troops” teorizzate da Steve Bannon nei suoi podcast su WarRoom, per licenziare migliaia di impiegati federali che non condividono le decisioni di Trump. Secondo Axios, il presidente eletto ripresenterà “l’ordine esecutivo F”, già proposto e poi bocciato dal Congresso dopo l’assalto del 6 gennaio, tanto che l’Association of Republican Presidential Appointees terrà il 19 e il 20 febbraio un “campo di addestramento per incaricati presidenziali” nei sobborghi di Washington. L’obiettivo è addestrare i potenziali funzionari pubblici del “contesto operativo in cui gli incaricati lavorano per implementare l’agenda del presidente” e delle “tattiche che gli incaricati possono usare per aiutare il presidente a ottenere il controllo sulle leve del potere e ostacolare una burocrazia ostile.”

Con l’ordine esecutivo F, che è parte del “Project 2025”, il presidente può licenziare qualsiasi impiegato federale, anche se la sua posizione è protetta da un contratto di lavoro sindacalizzato. Trump ha portato questa idea a un nuovo livello rendendo centrale il suo approccio alla governance e alle nomine la nozione che i dipendenti pubblici di carriera facciano parte della “woke”, le rivendicazioni sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere, sulle origini etniche o sulla disabilità, e che il “deep state”, lo “stato profondo” che alimenterebbe il dissenso interno, debba essere sconfitto. Liste di proscrizione, insomma, per quanti si oppongono al Trump-pensiero. Va da sé che un Paese che mette a tacere il dissenso non è un Paese democratico. Finora la pratica è stata attuata all’interno del partito repubblicano che è stato trasformato dall’attuale presidente eletto nel suo partito privato. Trump nel corso degli anni ha preso il controllo del GOP e soprattutto del suo elettorato: oggi circa l’80 per cento degli elettori repubblicani ha un’opinione favorevole su di lui e questo – anche considerata la ben nota suscettibilità del neo presidente – significa che è impossibile essere un politico dell’Elefante senza essere al tempo stesso un suo sostenitore.

Una crisi d’identità del Partito Repubblicano, sebbene sia stata accentuata e accelerata da Trump, che esisteva già da prima: da tempo il GOP si è spostato su posizioni sempre più estremiste, a volte in aperta opposizione a quelli che erano i princìpi del movimento conservatore anche soltanto una quindicina di anni fa rinnegando i valori neoliberisti che per decenni hanno caratterizzato il conservatorismo americano.

“Nella storia americana non c’è mai stato nulla di simile a ciò che Trump sta cercando di fare – ha detto Doug Brinkley, uno storico presidenziale alla ABC News – stiamo parlando di smantellare il governo federale”.

L’approccio di Trump diventerà ancora più chiaro nei prossimi giorni, quando Kash Patel, la sua scelta per il ruolo di direttore dell’FBI, si dirigerà a Capitol Hill per un primo giro di incontri con i senatori che dovranno decidere se confermarlo o meno. Come è noto Patel ha detto che vuole sciogliere l’Fbi, e perseguire i nemici di Trump.

“La presidenza Trump mi ricorda Game of Thrones – ha detto a MNBC un ex consigliere – vogliono che tu ti inginocchi. E se non ti inginocchi, ti prendono la proprietà. Ti prendono il titolo. Ti prendono la reputazione e ti sbattono nel gulag”.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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