Tutti i bambini della generazione nata fra il 1950 e il 1960 hanno giocato con i soldatini di carta. I padri spendevano in edicola poco o nulla, erano compresi nel prezzo di due riviste molto diverse tra loro: Linus e il Corriere dei Piccoli. Bastava ritagliarli, incollarli su un cartoncino rigido ed erano pronti a scendere in campo. La battaglia senza spargimento di sangue durava pomeriggi interi dopo la scuola: proiettava i partecipanti in epoche lontane e mondi solamente immaginati, secondo regole codificate o modalità che ciascuno decideva a modo suo. Linus, mensile innovativo concepito nel 1965 sulle strisce di Schulz, si affidava alla matita di Guido Crepax che riproduceva fedelmente gli eserciti di Trafalgar, Waterloo, Marengo, Solferino e San Martino, tratti dai libri di storia ufficiale. Eppure il papà di Valentina si divertiva talmente a disegnarli che finì per diventare lui stesso un giocatore da tavolo, nelle sere passate con amici illustri: gli ex bambini Umberto Eco, Claudio Abbado, Emilio Tadini.
E c’era iI Corriere dei Piccoli, che costava sessanta lire contro le trecento del concorrente: una testata tradizionale, la prima in Italia dedicata ai comics. Aveva esordito il 27 dicembre 1908 su un’idea di Paola Lombroso, figlia del criminologo Cesare, con l’appoggio di Giuseppe Albertini, leggendario direttore del Corsera. Del quotidiano costituiva il supplemento domenicale. I fumetti — in realtà si trattava di didascalie in rima — erano d’importazione Usa ma italianizzati: Arcibaldo e Petronilla, Fortunello e Cirillino, Bibì e Bibò convivevano accanto agli autarchici Signor Bonaventura, Quadratino, Marmittone, Sor Pampurio. Con il passare del tempo però erano stati sorpassati da Superman, Tarzan, l’Agente segreto X9, Gordon, Mandrake, l’Uomo mascherato. E da classici senza età come Topolino e Tex. I soldatini? Fra le pagine trovavi i samurai di Sergio Toppi e i militari a firma Dino Battaglia (nomen omen) in armi nel conflitto franco-prussiano o nella Grande Guerra. Finché dall’Argentina arriva a Milano un genio anarchico: Hugo Pratt.
Quegli ometti in uniforme non erano un’invenzione moderna. In principio li facevano di piombo oppure di legno, in latta serigrafata o stagno. Poi sono comparsi quelli in pasta o di gesso. Fino alla plastica e la gomma dura, che le ditte — su tutte l’Elastolin — usavano per modellarne la sagoma. I soldati di carta erano più antichi: ne hanno trovati alcuni fogli a casa Leopardi, momenti felici del fanciullo Giacomo. Precursori delle immagini francesi realizzate a Epinal nell’Ottocento. Antenati dei figurini stampati un secolo fa con il marchio Stella e Aquila, venduti in cartoleria come le bamboline con il corredo dei vestiti per le bambine. Rappresentavano in fondo i giochi di ruolo dei ragazzini di una volta. Pratt era uno fra loro, figlio di una guerra che non aveva combattuto ma di cui conosceva le conseguenze. Assaggiata crudelmente a nove anni.
Il padre Rolando apparteneva alla Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, le camicie nere del Regno. Hugo si trova nell’Africa Orientale Italiana allo scoppio del conflitto mondiale: caduta l’Aoi, la famiglia viene internata a Dire Daua dove suo padre muore nel 1942. Il giovane Pratt rimpatria nel gennaio successivo, l’Italia è il caos. Riappare nella sua Venezia finalmente libera dai tedeschi: è il 1945. Ha un talento straordinario nelle mani, i suoi schizzi incantano. Passa ore a copiare le illustrazioni dei testi pescati nella Biblioteca Marciana. Tira fuori dall’album dei ricordi, per riversarli su carta, i guerrieri Watussi, gli Zulù, la polizia cammellata sudanese e i carabinieri kenyoti osservati dal vero. Intanto assieme ad alcuni amici, in laguna, realizza una serie di albi stile pulp: l’Asso di Picche, protagonista è un eroe mascherato che piace in Sudamerica dove tutti leggono fumetti. Così nel ’49 sale sul piroscafo per Buenos Aires con il gruppo “de los italianos”. Ci resterà fino al ’62, quando la crisi economica lo costringe a tornare. Ha 36 anni, è considerato un maestro del fumetto: viene ingaggiato al Corrierino con il compito di svecchiare la linea editoriale. E lui tira fuori dal cilindro i suoi soldatini.
A ricostruire ora quel percorso in redazione è Hugo Pratt. Guerrieri di carta e altre avventure del Corriere dei Piccoli, a cura di Silvia Marocchi e Laura Scarpa: un librone appena uscito per i tipi della Cong che del mattatore raccoglie la parte creativa meno nota. Nel volume a tiratura limitata, arricchito dal contributo di sodali, studiosi e appassionati lettori, c’è proprio tutto del periodo 1962-67. Anche le storie brevi, le tavole singole o i racconti illustrati come La schiera di San Michele, La via di Cipango dedicata a Cristoforo Colombo, Paolo di Tarso, La vendetta dei faraoni. Punteggiati da pensieri e parole dell’artefice, che si sente limitato nell’autonomia creativa e litiga spesso con il direttore Carlo Triberti. Ciò malgrado sforna Simbad il marinaio e L’Odissea, crea Le fatiche di Ercole, Billy James, Fanfulla, I giganti burloni, Capitan Cormorant oltre a due adattamenti da Stevenson: L’isola del tesoro e Il ragazzo rapito. Una splendida copertina annuncia Anna nella giungla. Ma il pezzo forte sono i guerrieri.
C’è una ricerca documentaria accurata dietro ai soldatini a due dimensioni, con la base ripiegata per farli stare in piedi. C’è lo studio quasi ossessivo di stemmi, mostrine, bandiere e uniformi. Espressività e precisione nei dettagli, l’universo straordinario di Pratt dilaga nelle minuscole creature in azione: sulla scena irrompono dancali valorosi e donne masai, il West dei pellirosse in canoa con arco e frecce, i pionieri della frontiera, giubbe rosse e soldati blu, indios delle foreste sudamericane, tribù dei mari del sud. E’ un esplosione di bellezza e fantasia che spazia tra le pieghe della Storia fino ai crociati, i pirati saraceni, tebani, ateniesi e spartani, Jesse James e Toro Seduto. E c’è tanto della sua adolescenza: Etiopia, Abissinia, Dancalia, l’esoterismo, il deserto, gli altipiani, le pulci penetranti. Finché dopo cinque anni di convivenza forzata Pratt lascia il Corrierino per andarsene a Genova. Lì c’è Florenzo Ivaldi, un temerario imprenditore edile appassionato di comics, che lo ammira e gli dà carta bianca per una nuova rivista. Il numero uno di Sgt. Kirk, uscito nel luglio del 1967, a pagina 80 ospita il primo episodio di una storia intitolata Una ballata del mare salato: il personaggio chiave è un marinaio con l’orecchino che si chiama Corto Maltese. Il suo alter ego. Hugo non smetterà mai di farlo giocare con altri guerrieri di carta, in altre infinite avventure.