Democrazie a confronto. Yoon Suk-yeol, il leader della Corea del Sud, ha provato a fare il dittatore imponendo la legge marziale perché la magistratura stava indagando sulle oscure manipolazioni del mercato azionario da parte della moglie. Ma il suo tentativo è miseramente fallito: dopo che i ministri si sono tutti dimessi e il suo partito ha bocciato la decisione, ha dovuto fare marcia indietro. Ora su di lui pende la possibilità che venga incriminato per tradimento alla costituzione. In questo caso ha vinto la democrazia.
Cosa succederà negli Stati Uniti il giorno dell’insediamento? Donald Trump durante la sua campagna elettorale ha più volte ripetuto che se fosse stato eletto “avrebbe fatto il dittatore solo per un giorno”. Cosa faranno i suoi ministri? Si dimetteranno? I repubblicani bocceranno le sue misure dittatoriali?
Ovviamente negli Stati Uniti il presidente non può fare tutto ciò che vuole. Il Parlamento ha voce in capitolo e i tribunali possono bloccare o annullare le sue decisioni. Ma ci sono molti indizi che fanno pensare che Trump voglia fare un ampio uso dei poteri esecutivi del capo della Casa Bianca, e cercherà di accaparrarsene ancora altri, grazie anche ad un Congresso da lui addomesticato.
Il presidente eletto ha ripetutamente dimostrato il suo disprezzo per il processo democratico, e ha abilmente sfruttato il malcontento, la paura e la disinformazione per tornare alla Casa Bianca, sostenuto da elettori arrabbiati, convinti che gli americani contrari alla sua leadership fossero “il nemico interno”. La sua retorica molto spesso ha preso una deriva autoritaria, minacciando la guerra civile, denunciando gli oppositori come illegittimi, minacciando di usare il governo per rappresaglie personali e di indebolire le istituzioni quando non servono i suoi interessi.
Il presidente non può fare tutto ciò che vuole, ma nessuna carica nel mondo occidentale eguaglia il potere dell’inquilino dell’Oval Office, che può utilizzare gli ordini esecutivi per intervenire, almeno temporaneamente, in settori politici altrimenti riservati alla funzione legislativa del Congresso. E in questi giorni stanno emergendo i piani per i progetti prioritari di Trump. Tutto da vedere cosa sarà effettivamente in grado di attuare dopo il suo insediamento, che avverrà il 20 gennaio 2025, e come lo farà. È chiaro che molte delle sue promesse, o minacce, sono state concepite principalmente per scopi elettorali per ottenere voti.
Ma diamo uno sguardo a ciò che ha previsto Donald Trump per il suo “day one”. Nei suoi comizi durante la campagna elettorale ha detto che da presidente vuole deportare gli immigrati irregolari immediatamente e su larga scala. “Il primo giorno lancerò il più grande programma di deportazione della storia americana”, ha detto al Madison Square Garden di New York pochi giorni prima delle elezioni. Quando dopo la vittoria elettorale gli sono stati chiesti i piani e i costi del suo programma, ha detto che la spesa è irrilevante e la pianificazione del progetto “Aurora” è alla fase finale.
Trump ha poi ripetutamente affermato di essere in grado di porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina entro 24 ore. In occasione di un evento della campagna elettorale in Georgia, alla fine di giugno, si è spinto oltre, dicendo addirittura di poter risolvere il conflitto prima ancora di entrare in carica. Ma non ha fatto sapere come intende farlo.
Trump, subito dopo che Biden ha concesso la grazia al figlio Hunter, ha anche promesso di concedere la grazia ai suoi sostenitori condannati in tribunale che hanno preso parte all’assalto del Campidoglio – li ha chiamati “ostaggi del 6 gennaio” affermando inoltre che agirà contro i procuratori che hanno portato avanti i procedimenti penali contro di lui.
Ma non solo. Durante i comizi di Trump, i MAGA andavano in delirio quando prometteva di “tenere gli uomini fuori dagli sport femminili” e di porre fine alla “follia transgender” dell’Amministrazione Biden; nel suo primo giorno in carica, ha promesso, vuole abrogare il divieto di discriminazione basato sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere nelle scuole.
Trump è stato molto abile a capitalizzare politicamente il malcontento tra gli elettori disillusi, proiettando forza attraverso un conflitto interno da lui orchestrato, continuando ad erodere la fiducia e l’apprezzamento per le libertà e le istituzioni democratiche. Le sue promesse sui dazi e sul protezionismo sono state musica per le orecchie di quanti si sono sentiti abbandonati dalla globalizzazione o traditi dall’establishment politico. Altri sono stati attratti dallo stile autoritario maturato davanti alle telecamere del suo reality show “The Apprentice”, confondendo il suo ruolo televisivo per una leadership efficace; un leader che conquista il potere ma si fa scivolare di dosso le responsabilità che ne derivano.
Il mondo ora sta osservando gli Stati Uniti, proprio come osserva la Corea del Sud.
Storicamente la destra americana ha avuto personaggi come Newt Gingrich che hanno dato priorità all’ostruzionismo rispetto alla governance, usando il caos ma solo per poi forzare concessioni. La questione non è se l’estrema destra metterà alla prova i limiti della democrazia, ma come sarà la risposta. Per il Congresso il momento di agire è ora, prima che le forme “leggere” di autoritarismo, anche se per un solo giorno, diventino più pesanti e radicate.