In un futuro conflitto nel Pacifico, potrebbe non essere (solo) il numero di navi o la potenza di fuoco a fare la differenza, ma la capacità di riarmare i propri mezzi direttamente in mare. È questa la nuova scommessa della Marina statunitense, che con il sistema TRAM (Transferrable Reload At-sea Method) punta a rivoluzionare la strategia logistica, trasformando settimane di inattività in pochi giorni.
Il segretario della Marina, Carlos Del Toro, ha dichiarato al Wall Street Journal che la tecnologia rappresenta una svolta fondamentale. “La capacità di riarmare in mare sarà cruciale per qualsiasi futuro conflitto nel Pacifico,” ha affermato durante una dimostrazione del TRAM al largo della costa californiana.
Tradizionalmente, il riarmo delle navi più grandi, come cacciatorpedinieri e incrociatori, avveniva solo in porti sicuri, una procedura lenta che le rendeva inutilizzabili per settimane. Il limite è particolarmente critico in uno scenario come quello del Pacifico occidentale, dove le basi americane distano migliaia di chilometri dalle zone di potenziale conflitto.
Il progetto TRAM ha ripreso le fila di uno studio degli anni ’90, accantonato a causa della mancanza di tecnologie adatte per il trasferimento preciso di missili da una piattaforma in movimento. Oggi, grazie ai progressi nella stampa 3D, nei radar specializzati e nei sensori di movimento, la Marina ha fatto passi da gigante. Durante il test dimostrativo, un canister contenente un missile è stato trasferito da una nave di supporto alla USS Chosin, un incrociatore che navigava accanto. Un sistema di gru e sensori ha permesso il posizionamento preciso del contenitore, dimostrando la fattibilità del processo anche in condizioni marine difficili.
“Stiamo trasformando il modo in cui combattiamo,” ha dichiarato Del Toro, secondo cui il vero obiettivo è ora rendere questa tecnologia operativa su larga scala nel più breve tempo possibile.
L’urgenza di sviluppare il TRAM è aumentata in seguito a recenti difficoltà operative. Nel Mar Rosso, ad esempio, le navi impiegate per proteggere i cargo dagli attacchi dei ribelli Houthi sono costrette a lunghi spostamenti verso porti europei per rifornirsi, lasciando la zona scoperta per settimane. Situazioni simili si registrano nel Pacifico, dove i porti alleati in Giappone e Guam potrebbero essere vulnerabili ad attacchi missilistici nemici.
Se pienamente operativo, il sistema TRAM potrebbe quintuplicare il numero di navi in grado di sostenere operazioni prolungate in mare, senza la necessità di costruire nuovi scafi. Attualmente, solo le portaerei nucleari e le navi d’assalto anfibio possono rimanere operative indefinitamente, ma nessuna di esse dispone di sistemi verticali per il lancio di missili.
Nicholas Maruca, comandante del cacciatorpediniere USS Dewey, ha evidenziato i vantaggi del sistema: “Essere in grado di ricaricare in diverse località nell’Indo-Pacifico riduce drasticamente i tempi di inattività e aumenta la nostra prontezza operativa.”
Nonostante i progressi, il processo di ricarica in mare rimane complesso e rischioso. I missili, contenuti in casse simili a container, pesano oltre tre tonnellate e devono essere inseriti con estrema precisione nei lanciatori verticali. Qualsiasi errore potrebbe danneggiare i sistemi di guida o causare incidenti catastrofici.
Per minimizzare i rischi, gli ingegneri della Marina hanno analizzato ogni dettaglio del sistema tramite simulazioni digitali e sensori avanzati, rafforzando le componenti strutturali e adattando le navi per gestire i nuovi carichi.
“È il momento di trasformare ogni lezione appresa in un vantaggio strategico”, chiosa Del Toro.