Un divieto assoluto per i minori di 16 anni di utilizzare i social media: questa la norma controversa approvata giovedì dall’Australia, tra le più severe al mondo nel regolare l’uso delle piattaforme digitali.
La legge impone alle aziende tecnologiche come Meta (proprietaria di Facebook e Instagram) e TikTok di bloccare l’accesso ai minori, pena multe fino a 49,5 milioni di dollari australiani (circa 30,5 milioni di euro).
Il provvedimento entrerà in vigore solo tra un anno, preceduto da una fase di sperimentazione che partirà a gennaio 2025 per testare i metodi di verifica dell’età. Ma si tratta già da ora di una misura che pone Canberra all’avanguardia nel dibattito globale sull’impatto dei social media sulla salute mentale dei giovani, mai sinora sfociato in provvedimenti così draconiani.
Il divieto australiano infatti è assoluto, senza cioè alcuna eccezione. Questo lo distingue, ad esempio, da un analogo provvedimento approvato lo scorso marzo in Florida, dove il divieto di usare i social è assoluto solo per gli under 14, mentre dai 15 ai 16 anni è necessario il consenso dei genitori (la legge è peraltro sospesa a causa di una disputa giudiziaria sulla presunta violazione della libertà di espressione).
Il divieto ha ricevuto un ampio sostegno popolare: secondo i sondaggi, il 77% degli australiani è favorevole. La campagna “Let Them Be Kids” (“Lasciate che rimangano bambini”), promossa dai media locali, ha fatto leva su testimonianze strazianti raccolte durante un’inchiesta parlamentare, che ha incluso numerose storie di genitori i cui figli si sono tolti la vita a causa di episodi di bullismo online.
Ma non mancano i critici, tra cui alcune associazioni che temono che il divieto possa isolare i giovani più vulnerabili, come membri della comunità LGBTQIA o adolescenti migranti, privandoli di importanti reti di supporto. Altri avvertono che i metodi di verifica dell’età potrebbero spianare la strada a una raccolta più invasiva di dati personali, aumentando l’effetto “Grande Fratello” da parte delle autorità pubbliche.
Giganti come Meta e Snapchat hanno espresso riserve sulla legge. Un portavoce di Meta ha definito il processo legislativo “affrettato” e lamentato una scarsa consultazione con il settore. Snapchat, pur annunciando l’intenzione di conformarsi, ha espresso preoccupazioni su come bilanciare privacy, sicurezza e praticità. Altri colossi, come TikTok e X (ex Twitter), non hanno rilasciato commenti ufficiali. YouTube è stato invece espressamente esentato dalla normativa (e quindi sarà fruibile anche agli under 16).
La legge potrebbe anche avere ripercussioni nelle relazioni tra il primo ministro australiano Anthony Albanese e il presidente statunitense Donald Trump, la cui futura amministrazione vedrà l’ingombrante presenza del miliardario Elon Musk, proprietario di uno dei social “vietati” (X). E proprio con un tweet, l’imprenditore nato in Sudafrica ha criticato il divieto australiano, a suo parere “una maniera subdola per sorvegliare l’accesso a Internet”.
Non tutti, però, credono che la legge raggiungerà i suoi obiettivi. Secondo alcuni giovani, il divieto potrebbe spingere gli adolescenti verso piattaforme meno regolamentate o metodi alternativi per aggirare le restrizioni, aumentando i rischi anziché mitigarli.
“Sappiamo tutti che i social media non fanno bene, ma questo divieto creerà una generazione più abile nel bypassare queste barriere, senza risolvere i problemi alla radice”, l’opinione della giovane Enie Lam, una studentessa 16enne di Sydney intervistata dalla Reuters.