Lo aveva promesso durante la campagna elettorale e ora che tornerà alla Casa Bianca Donald Trump ha ripetuto che lancerà l’”Operazione Aurora”, la deportazione in massa di undici milioni di immigrati illegali all’interno del Paese. Per mettere in atto questo progetto ha detto che impiegherà i militari.
A guidare l’”Operazione Aurora” il presidente eletto ha chiamato Tom Douglas Homan, da lui nominato “Zar del confine”, che agirà sotto la guida della governatrice del South Dakota, Kristi Noem, che Trump ha chiamato al Ministero della Homeland Security.
Homan, un poliziotto e poi funzionario governativo, è già stato direttore ad interim dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE) durante la prima amministrazione Trump. La sua carriera è stata caratterizzata da posizioni forti e controverse che hanno suscitato sia elogi che critiche. Nel 2013, con Barack Obama, Homan aveva iniziato a sostenere che separare i bambini dai genitori sarebbe stato un mezzo efficace per scoraggiare gli attraversamenti illegali della frontiera. Il mese scorso ha detto a “60 Minutes” di CBS News che un piano di deportazione di massa avrebbe dato priorità all’arresto di criminali e minacce alla sicurezza nazionale, che chiunque si trovi negli Stati Uniti senza documenti potrebbe essere espulso e che avrebbe riavviato l’applicazione della legge per trovare le persone che lavorano illegalmente nel Paese e deportarle.
Nel 2015, il presidente Obama gli ha conferito il Presidential Rank Award come Distinguished Executive, un programma di premi individuali concesso dal federale agli alti funzionari del Senior Executive Service in carriera. Durante il suo mandato, Homan ha supervisionato un aumento significativo degli arresti di immigrati senza documenti, con un incremento del 38% nei primi mesi della nuova amministrazione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
La carriera di Homan è un esempio di come le politiche sull’immigrazione possano polarizzare l’opinione pubblica. Da un lato i suoi sostenitori lo vedono come un difensore della legge e dell’ordine, impegnato a proteggere i confini. Dall’altro, i suoi critici lo accusano di aver promosso politiche disumane e divisive e sostengono che l’impiego dei militari per aiutare a deportare gli immigrati clandestini vìola il Posse Comitatus Act del 1878 che proibisce l’uso dei soldati per adempiere scopi di polizia all’interno del Paese.
Nello stesso tempo il Congresso in passato, applicando l’Insurrection Act del 1807, ha autorizzato i militari a partecipare direttamente all’applicazione della legge civile in determinate circostanze, permettendo specificatamente al Presidente a utilizzare le Forze Armate per aiutare a ripristinare l’ordine pubblico. Per il neo eletto presidente la questione chiave è se la sua amministrazione riuscirà a convincere le corti federali se si possa invocare questa norma per deportare gli immigrati illegali.
Il senatore repubblicano Rand Paul domenica ha criticato la proposta di Donald Trump di utilizzare i militari per questo scopo anche se sostiene che l’espulsione degli illegali deve essere fatta, ma usando le forze di polizia convenzionali.
Durante un’intervista al programma di approfondimento politico “Face the Nation” della CBS News, Paul ha detto che gli agenti di polizia, sia quelli dei singoli Stati, che quelli federali, sono sufficienti per svolgere l’operazione. “Se viene mandato l’Esercito a New York e ci sono 10 mila soldati che marciano con armi semiautomatiche, penso che sia un’immagine terribile e mi opporrò”.
Dopo aver lasciato l’ICE nel giugno 2018, Homan è diventato un commentatore politico per Fox News, continuando a sostenere le rigide politiche di immigrazione. Nel 2022, si è unito alla Heritage Foundation, un think tank conservatore, contribuendo al progetto “Project 2025”, che propone appunto gli arresti di massa, detenzioni e deportazioni di immigrati senza documenti.
Per molti osservatori politici la caccia agli immigrati illegali lanciata da Trump è irrealizzabile, ciò nonostante molti Attorney General degli Stati ad amministrazione democratica preparano la controffensiva: una partita a scacchi legale tra un presidente eletto alla ricerca di nuovi modi per spingere i limiti del potere esecutivo e una schiera di procuratori statali che hanno già familiarità con il suo copione e si stanno adattando ai cambiamenti nel suo approccio. E si sta svolgendo in mezzo a cambiamenti più ampi nella politica della sicurezza delle frontiere. Il team politico del presidente prepara azioni esecutive volte a resistere alle sfide legali da parte di gruppi in difesa delle libertà civili e dei procuratori statali democratici, il tutto nella speranza di evitare una nuova sconfitta come quella che la Casa Bianca subì nel 2017 dopo che Trump impose il divieto di ingresso negli Stati Uniti dai Paesi a maggioranza musulmana.
I consiglieri di Trump affermano che l’amministrazione adotterà un approccio più “mirato” alle deportazioni, a partire da coloro che sono noti o sospettati di essere minacce alla sicurezza nazionale e che hanno precedenti penali. Peraltro queste norme sono sempre state rispettate anche dalle amministrazioni democratiche. La demagogia usata in campagna elettorale molto spesso si scontra con la realtà: deportare 11 milioni di persone è impossibile, sia per le questioni logistiche che un provvedimento simile creerebbe, sia per la sottrazione di una simile forza lavoro dalla produzione quotidiana.
Per ora non resta altro che attendere e vedere se lo “zar” Homan riuscirà nel suo intento o se la “guerra agli immigrati illegali” sia stato solo un altro modo per cercare il consenso elettorale prima del voto.