Dai primi quattro anni di Donald Trump alla Casa Bianca e dalle sue promesse in campagna elettorale si può già misurare quanto sarà potente, e in certi campi devastante, l’impatto della sua presidenza negli Stati Uniti e all’estero; tanto più se avrà il controllo dell’intero Congresso oltre che della Corte Suprema. Parte di queste novità sono già iscritte nel suo Project 2025, altre si possono desumere dalle sue parole.
MIGRANTI
Trump ha promesso deportazioni di massa degli irregolari, espandendo le sue politiche più controverse del primo mandato, incluso il bando ai viaggi rivolto per lo più a paesi islamici. Ha parlato di deportazioni per “fino a 20 milioni di persone” che potrebbero coinvolgere l’esercito. Gli attivisti e gli avvocati per i diritti dei migranti dicono di essere adesso meglio preparati che otto anni fa, pronti a ricorsi in giustizia. Jason Miller, uno dei suoi principali consiglieri, ha già dichiarato che saranno ripristinate le sue politiche abrogate dal presidente Joe Biden, come il programma “Remain in Mexico” che obbligava i richiedenti asilo ad attendere in Messico mentre le loro domande erano in esame. Trump ha inoltre ventilato l’ipotesi di ricorrere all’Alien Enemies Act del 1798, una legge che consente al presidente, in tempo di guerra, di ordinare la rimozione di individui associati a paesi ostili.

ABORTO
La Corte Suprema nel 2022 ha revocato la tutela federale dell’interruzione di gravidanza che ora è demandata ai singoli Stati, cosa che Trump rivendica come un progresso. In oltre una decina, la legge ora è così severa che anche in caso di una gravidanza finita male i medici esitano a intervenire finché si percepisce un battito fetale; già si conoscono diversi casi di donne morte per mancato intervento. Ora è possibile che vengano applicate restrizioni federali sull’aborto. Il Project 2025 mette nero su bianco l’uso del Comstock Act – che risale… al 1873 – per mettere fuori legge l’invio per posta di pillole abortive, che oggi rappresentano i due terzi degli aborti in Usa. In teoria potrebbe anche essere usato per mettere fuori legge le attrezzature ospedaliere per gli aborti. Trump potrebbe anche indebolire la legge federale che prescrive l’intervento dei medici in caso di emergenza, l’Emergency Medical Treatment and Labor, che già è stato messo in discussione per esempio in Idaho. Negli ultimi giorni di campagna, Trump ha annunciato che pensa ad affidare “la salute delle donne” nelle mani di Robert F. Kennedy Jr.
DIRITTI LGBTQ+
Nel suo primo mandato, Trump vietò l’arruolamento nell’esercito di persone transgender. Adesso si propone – sulla carta – di mettere fine a tutti i programmi delle agenzie federali che “promuovono… la transizione di genere a qualunque età”, tagliare i fondi agli ospedali che se ne occupano, proporre una legge federale in base alla quale il governo non riconoscerebbe legalmente i transgender. Il Project 2025 chiede strategie che sostengano “il matrimonio eterosessuale e intatto”.
IL CAMBIAMENTO CLIMATICO
Nel suo primo mandato, Trump ritirò gli Stati uniti dagli accordi sul clima di Parigi. Il cambiamento climatico nelle sue parole è “una bufala” e “una delle più grosse panzane di tutti i tempi”. Non intende applicare politiche contro i combustibili fossili anzi ha promesso di “trapanare a volontà” Leggendo il suo Project 2025, saltano all’occhio una miriade di modi in cui la sua amministrazione può danneggiare le politiche ecologiste, dal sostegno al petrolio, al gas e al carbone, alla chiusura dell’agenzia che misura l’innalzamento della temperatura terrestre, la National Oceanic and Atmospheric Administration.

PARCHI E AGENZIA DEL DEMANIO
Si può desumere che Trump intenda svuotare il Dipartimento degli Interni, l’agenzia responsabile di parchi nazionali, riserve protette e presidi per le specie a rischio: il Dipartimento è preso di mira da un capitolo del Project 2025. Lo scopo: rendere disponibili le terre federali per esplorazioni energetiche.
LIBERTÀ DI STAMPA
Nel suo primo mandato, Trump aveva attaccato costantemente i giornalisti che reputava a lui nemici, in diversi casi bandendoli dalla Casa Bianca. La stampa è l’incubatrice di “fake news” ed è una “nemica del popolo”. Nelle ultime settimane di campagna elettorale ha invocato la revoca della licenza di CBS News, come punizione per aver tramesso una intervista alla rivale Kamala Harris (intervista che era stata richiesta anche a lui, ma che si era rifiutato di rilasciare).
POLITICHE SULLE ARMI
È probabile che sarà immediatamente chiuso l’ufficio della Casa Bianca per la prevenzione della violenza armata, creato nel 2023 e supervisionato da Kamala Harris, ed è probabile anche la nomina, a capo del Bureau of Alcohol Tobacco, Firearms and Explosives, di qualcuno che piaccia alla potente lobby della NRA, la National Rifle Association.
E IN POLITICA ESTERA: LA NATO
Donald Trump nel 2018 aveva minacciato l’uscita dall’Alleanza Atlantica per costringere gli Stati membri, in particolare quelli europei, ad aumentare la spesa per la propria difesa. Memori di ciò, già nelle prime ore dopo il risultato elettorale diversi paesi europei – fra cui l’Italia con il ministro degli Esteri Tajani- si sono espressi sulla necessità di pensare alla sempre rimandata politica europea di difesa, chiedendo però a Bruxelles di tenere conto, nella valutazione dei bilanci statali, dello sforzo economico in più che questo comporta. Secondo Tajani, “Quando si parla dell’obiettivo del 2% per la Difesa, che è giusto, chiediamo però di scorporare le spese per la Difesa dal Patto di Stabilità”.

L’UCRAINA – E LA RUSSIA
Il tema molto complesso della Nato porta dritti al conflitto scatenato dalla Russia in Ucraina. Trump ha accennato molte volte alla necessità di giungere in fretta a una tregua, in sostanza minacciando di tagliare i contributi in denaro e armi allo sforzo bellico ucraino. Questo costringerebbe il presidente Volodymyr Zelensky a fare conto solo sull’appoggio europeo – o a scendere a patti con Vladimir Putin, patti che sicuramente comporterebbero rinunce territoriali. Trump ha detto anche che consentirebbe a Mosca di “fare quello che diavolo vuole” con i paesi che non contribuissero abbastanza alla Nato (in barba all’articolo dell’Alleanza che richiede l’intervento Nato in caso di attacco a uno dei membri). Questa sera, Vladimir Putin dal Club Valdai ha detto “Vorrei cogliere l’occasione per congratularmi” con Trump che si è dimostrato “molto coraggioso” dopo l’attentato che ha subito; non ha “nulla in contrario” alla ripresa dei contatti con lui.
IL MEDIO ORIENTE
Intervistato dall’agenzia France Presse, oggi un palestinese di Nuseirat, scavando fra le macerie di un edificio colpito da un raid israeliano, ha detto di Trump “So che ha una forte personalità e sa come negoziare, e può esercitare influenza su Israele. Ha già attuato l’accordo del secolo piano di pace degli Accordi di Adamo e ha promesso di porre fine alla guerra in Medio Oriente, di porre fine alle guerre e di stabilire la pace. Se Dio vuole, porrà fine alle guerre”. A quale prezzo, è da vedere. L’amministrazione Biden ha continuato a fornire armi allo Stato ebraico, ma l’amministrazione Trump verosimilmente lascerebbe mano libera a Israele non solo a Gaza ma nell’annessione di ulteriori parti di terra nella Cisgiordania. Lo scopo di Trump, a quanto si capisce, anche in questo caso è obbligare a un accordo, costi quel che costi.

Non è chiaro invece se l’amministrazione Trump potrebbe lasciarsi convincere da Israele ad appoggiare un attacco aperto contro il programma nucleare iraniano. Di sicuro, Teheran è considerata – anche da paesi alleati degli Usa come l’Arabia Saudita – il fulcro di tutti i guai mediorientali. La portavoce della sua campagna, Karoline Leavitt, ha già dichiarato che Trump ripristinerà “sanzioni molto severe contro il regime iraniano per porre fine al caos in Medio Oriente”. Nel primo mandato, la “politica di massima pressione” contro l’economia iraniana e il settore petrolifero aveva portato a una drastica riduzione delle esportazioni di petrolio iraniano (a tutto vantaggio di quello statunitense).
Nel frattempo Benjamin Netanyahu ha detto che la vittoria di Trump segna “una forte ripresa della grande alleanza” con Israele. Il premier proprio la sera delle elezioni Usa ha licenziato il suo ministro della Difesa Yoav Gallant per “dissidi” sulla conduzione della guerra a Gaza: