Quincy Jones, leggendaria figura del panorama musicale, nonché produttore dell’album più venduto della storia, “Thriller” di Michael Jackson, è morto all’età di 91 anni, nella sua casa di Bel Air, Los Angeles. A dare l’annuncio è stato il suo addetto stampa, Arnold Robinson.
“Con il cuore pieno di emozioni ma spezzato, dobbiamo condividere la notizia della scomparsa di nostro padre e fratello Quincy Jones”, hanno comunicato i suoi cari, “E sebbene questa sia una perdita incredibile per la nostra famiglia, celebriamo la sua grande vita, con la consapevolezza che non ci sarà mai più nessuno come lui”.
Nato in una delle zone più malfamate di Chicago, Jone è diventato uno dei primi afroamericani a conquistare Hollywood, costruendosi una carriera interminabile, costellata di successi e collaborazioni con alcuni degli artisti più iconici del Novecento, come Frank Sinatra, Ray Charles e, per l’appunto, il Re del pop.
Ha frequentato presidenti e leader stranieri, star del cinema, filantropi e imprenditori. È stato in tournée con Count Basie e Lionel Hampton, ha arrangiato dischi per Sinatra ed Ella Fitzgerald, ha composto le colonne sonore di “Roots” e “In the Heat of the Night”, ha organizzato la prima celebrazione inaugurale del Presidente Bill Clinton e ha supervisionato la registrazione di “We Are the World”, un brano che non ha certamente bisogno di presentazioni.
Ha contribuito in modo sostanziale alla crescita ed all’esplosione su scala globale di Michael Jackson, producendo “Off the Wall”, “Thriller” e “Bad”, mettendo a disposizione del Re del pop tutto il suo infinito bagaglio culturale e musicale. Fu proprio lui, ad esempio, a reclutare Eddie Van Halen per un assolo di chitarra in “Beat It”, altro pezzo generazionale.
“I brani non appaiono all’improvviso”, spiegò Jones nel 2016, in occasione di un evento presso la biblioteca del Congresso, “Il produttore deve avere l’abilità, l’esperienza e la capacità di guidare la visione dell’artista fino al suo compimento”. “La mia filosofia di businessman ha sempre avuto le stesse radici del mio credo personale: prendere le persone di talento alle loro condizioni e trattarle in modo equo e con rispetto, indipendentemente da chi siano o da dove provengano”, scrisse invece nella sua autobiografia.
Infinita la lista delle onorificenze ottenute dal nativo di Chicago nel corso degli anni: quest’ultima comprende, tra gli altri, 27 Grammy, un Emmy, un Oscar alla carriera e persino la Legion d’Onore francese ed il Premio Rodolfo Valentino dalla Repubblica Italiana.