In Carolina del Sud il 59enne Richard Moore è stato giustiziato nonostante gli appelli alla clemenza rivolti al governatore dello Stato e alla Corte Suprema degli Stati Uniti, anche dall’ex direttore del Dipartimento Penitenziario della Carolina del Sud, Jon Ozmint, e dal giudice Gary Clary, che in passato gli aveva inflitto la pena di morte. Clary aveva inviato una lettera al governatore repubblicano Henry McMaster, per chiedere un gesto di “grazia e misericordia” definendo il condannato un “uomo cambiato.”
Moore stava scontando una condanna risalente al 1999, legata alla morte di James Mahoney, un commesso di un minimarket. L’esecuzione è avvenuta tramite iniezione letale e Moore è stato dichiarato morto alle 18:24 ora locale di venerdì 1 novembre.
La sentenza di Moore, un uomo afroamericano, venne comminata da una giuria composta interamente da bianchi, e in questi anni ha continuato a sollevare dubbi sull’equità del processo. Secondo l’avvocatessa Lindsey Vann, il suo cliente non avrebbe nemmeno avuto intenzione di commettere una rapina mentre si trovava all’interno del Nikki’s Speed Mart a Spartanburg. La legale ha affermato che “questo non è il classico omicidio premeditato a sangue freddo che giustificherebbe la pena di morte.”
L’accusa invece ha sempre sostenuto che Moore avesse intenzione di fare un furto, nonostante fosse entrato disarmato. La dinamica dei fatti vede Mahoney estrarre per primo una pistola nel tentativo di difendersi. Ne deriva quindi una colluttazione: Moore riesce a impadronirsi dell’arma e ferisce il commesso al braccio. Nello scontro ha la peggio il dipendente che resta ucciso, mentre Moore fugge dal negozio impadronendosi di 1.400 dollari in contanti.
Secondo quanto emerso dai documenti della difesa, fra i due uomini si sarebbe verificato un alterco perché Moore si era trovato senza il denaro sufficiente per pagare quanto aveva acquistato. Il condannato aveva recentemente chiesto perdono alla famiglia della vittima e aveva confidato tra le lacrime: “Vorrei poter tornare indietro e cambiare tutto. Ho distrutto una famiglia.”
In una dichiarazione rilasciata dopo l’esecuzione, l’associazione Justice 360 ha sottolineato come il caso di Moore evidenzi le problematiche del sistema della pena di morte nello Stato, dove “le sentenze sembrano più legate alla razza o allo status sociale piuttosto che ai fatti.”