Oltre duecento morti e una regione in ginocchio: il bilancio delle inondazioni nella regione di Valencia in Spagna è un pugno nello stomaco, un’allerta sui rischi del cambiamento climatico per la violenza e l’imprevedibilità dei fenomeni atmosferici.
Migliaia di volontari da questa mattina sono accorsi presso la Città delle Arti e delle Scienze di Valencia, dove un centro di coordinamento li smista con autobus nei centri abitati più colpiti. Programma: pulire, eliminare il fango e i detriti, spostare le macerie di ponti, palazzi e strade danneggiati dall’uragano di pioggia e vento che si è scatenato martedì. Si uniscono alle migliaia di soldati, poliziotti, vigili del fuoco e guardie civili che stanno ancora cercando di localizzare e se possibile salvare i dispersi: saranno tremila da oggi con l’arrivo di altri mille soldati.
La televisione spagnola, RTVE, trasmette in diretta continua dai luoghi dell’alluvione seguendo i lavori dei soccorritori, con immagini impressionanti di automobili ancora intrappolate nei tunnel e strade ingombre di veicoli ammassati, dei garage sotterranei da cui ancora emergono corpi di persone sorprese dall’acqua che non sono riuscite a fuggire. Il numero dei dispersi non è ancora calcolabile, e migliaia di persone restano senza acqua potabile, linee telefoniche fisse ed elettricità, senza contare i danni alle case allagate fino al tetto, e gli abitanti in fuga che hanno cercato riparo presso amici o parenti.
Il maltempo che ha già colpito il mese scorso diverse zone dell’Italia non si placa: è tutto il Mediterraneo in preda di fenomeni violenti. C’è un’allerta arancione nel sud della Spagna e sulla isole Baleari; ci sono anche altre tre vittime accertate fra Andalusia e Catalogna.
I social media questa mattina si fanno cassa di risonanza anche del disappunto di parecchi volontari che lamentano la mancanza di coordinamento, e il fatto di essere stati mandati a ripulire dei supermercati che dovrebbero servire da centro logistico, mentre vogliono andare fra la gente, ad aiutare i loro concittadini colpiti. Secondo le autorità, comunque, ci saranno oltre seimila volontari che lavoreranno questo sabato per le strade dei comuni colpiti, trasportati da un centinaio di autobus.
Sono scene che ricordano la storica alluvione di Firenze nel 1966, quando cittadini da tutta Italia accorsero a ripulire le strade invase dal fango dell’Arno dopo dieci giorni di pioggia incessante. Ma quell’evento eccezionale oggi è diventato la normalità, e a spaventare è soprattutto l’imprevedibilità. Qui non si è trattato di dieci giorni di pioggia, ma di poche ore di un uragano violentissimo che ha sorpassato ogni previsione.
Il fenomeno della gota fría, la “goccia fredda”, è normale quando in autunno l’aria fredda arriva sopra il tepore del Mediterraneo provocando la creazione di nuvole spesse. Ma secondo i servizi meteorologici spagnoli, la pioggia di questa settimana è stata almeno dieci volte più violenta del normale.
In Spagna, ci sono oltre 26mila chilometri di fiumi lungo zone a rischio inondazione, e in quelle che corrono maggiori pericoli di eventi frequenti vivono 2,7 milioni di persone, riporta il quotidiano El Pais. Lì come altrove nell’Unione Europea – e particolarmente in Italia dove la situazione è ugualmente a rischio nelle zone di pianura – serve uno sforzo congiunto per mettere in sicurezza il territorio.