Nel settembre del 2021, la 28enne Josseli Barnica è morta di setticemia perché i medici dell’ospedale hanno detto che sarebbe stato un “reato” intervenire sul suo aborto spontaneo. Josseli era incinta di 17 settimane quando è avvenuto l’aborto, come hanno annotato i medici stessi nelle cartelle cliniche. A quel punto, avrebbero dovuto proporre di accelerare il parto o di effettuare un raschiamento per evitare un’infezione mortale, ma non hanno fatto nulla, per paura delle leggi restrittive dello Stato che vietano ogni forma di aborto. Ancora una volta a portare alla luce l’orrenda morte di una donna per mancata assistenza in una crisi della gravidanza è stata ProPublica, l’organizzazione giornalistica no-profit specializzata in giornalismo investigativo di interesse pubblico. È il terzo caso reso noto da ProPublica sulle donne morte per mancata assistenza medica durante la gravidanza.
Il parlamento del Texas mise al bando l’interruzione di gravidanza dopo 5 settimane dal concepimento nel settembre 2021, quasi un anno prima che la Corte Suprema federale, diventata a orientamento conservatore con i tre giudici nominati da Donald Trump, nel giugno 2022 cancellasse la sentenza Roe contro Wade e mettesse fine dopo 50 anni alla protezione federale sull’aborto, rimandando le decisioni in merito ai singoli Stati.
La decisione del Texas all’epoca era incostituzionale, ma il governatore repubblicano Greg Abbott l’aveva accolta come una misura che “garantisce la vita di ogni bambino non nato”. Dopo la nuova sentenza della Corte suprema federale, il Texas ha inasprito ancora la legge, che adesso consente l’interruzione di gravidanza solo in caso un medico certifichi il pericolo di morte per la madre.
L’effetto della legge del 2021 fu immediato. Nel giro di un anno la mortalità delle partorienti o delle donne incinte è aumentata in tutti i gruppi etnici studiati. Fra le ispaniche è cresciuta da 14,5 morti per ogni 100.000 nascite del 2019 al 18,9 del 2022. Fra le donne bianche è quasi raddoppiata da 20 a 39,1 morti. Fra le donne nere, da 31,6 a 43,6 per ogni 100.000 parti.
Come riporta ProPublica, i sostenitori della nuova draconiana legge insistono che protegge “sia la vita del feto che la madre, ma in pratica, i medici hanno esitato a fornire assistenza per timore di procedimenti giudiziari, o addirittura del carcere e della rovina professionale”.
In Texas dunque è vietato intervenire finché si avverte il battito cardiaco del feto. Il marito di Barnica che era andato con urgenza dalla moglie in ospedale lasciando il suo lavoro in un cantiere, le ha riferito quello che gli aveva detto il team medico: “Hanno dovuto aspettare che non ci fosse un battito cardiaco, sarebbe un reato farla abortire”.
Durante 40 ore di angoscia e dolore, Barnica ha pregato i medici di aiutarla a tornare a casa, mentre il suo utero era esposto ai batteri che hanno causato l’infezione e poi il decesso della ventottenne, già madre di una bimba di 4 anni. Josseli ha poi espulso il feto, ma è morta dopo tre giorni.
I medici responsabili delle cure alla giovane donna deceduta presso HCA Houston Healthcare Northwest si sono rifiutati di commentare l’accaduto o di fornire informazioni dettagliate di natura medica a riguardo. In una dichiarazione, HCA Healthcare ha detto: “la nostra responsabilità è conformarci alle leggi e ai regolamenti statali e federali applicabili, e i medici esercitano il loro giudizio indipendente”.