Sono molte le voci indignate all’interno della redazione del Washington Post, dopo l’annuncio che il quotidiano che scoperchiò lo scandalo Watergate hanno scelto di non appoggiare alcun candidato alle elezioni presidenziali statunitensi.
L’editore del quotidiano, Will Lewis, ha annunciato venerdì che per la prima volta in oltre 30 anni, il comitato editoriale del giornale non darà un endorsement assicurando che si asterrà anche in futuro. Secondo molti collaboratori e giornalisti, la decisione sarebbe stata presa personalmente dal proprietario del Post, il miliardario e fondatore di Amazon, Jeff Bezos.
Karen Attiah, un’editorialista del Washington Post che scrive una newsletter settimanale, l’ha definito una “pugnalata alle spalle. Che insulto a quelli di noi che hanno letteralmente messo in gioco la propria carriera e la propria vita per denunciare le minacce ai diritti umani e alla democrazia”.
In una dichiarazione su X, Marty Baron, direttore del Washington Post dal 2012 al 2021, ha scritto di “una vigliaccata che ha come vittima la democrazia”. Donald Trump, ha detto Baron, “vedrà questo come un invito a intimidire ulteriormente il proprietario” del Washington Post, Bezos, “e altri. Un’inquietante mancanza di spina dorsale in un’istituzione famosa per il suo coraggio”.
David Maraniss, vincitore di un Pulitzer, ha aggiunto: “Il giornale in cui ho amato lavorare per 47 anni sta morendo nell’oscurità”: il riferimento è allo slogan sulla testata del quotidiano, “Democracy dies in darkness”. Un’altra ex penna del giornale, Robert McCartney, ha dichiarato: “Vista la scelta di quest’anno, è spaventoso”: la scelta è quella fra la democratica Kamala Harris e il repubblicano Donald Trump, a cui, apparentemente, il fondatore di Amazon non vorrebbe opporsi.
Diversi organi di stampa hanno anche riferito che Robert Kagan, direttore emerito del giornale, avrebbe deciso di dimettersi dal comitato editoriale.
In un comunicato, il sindacato che rappresenta i giornalisti del Washington Post si è detto “profondamente preoccupato” per la decisione, “soprattutto a soli 11 giorni da un’elezione estremamente importante”. “Il ruolo di un comitato editoriale è proprio questo: condividere opinioni sulle notizie che hanno un impatto sulla nostra società e cultura e sostenere i candidati per aiutare i lettori”, si legge nella dichiarazione. Il sindacato teme che “la direzione abbia interferito con il lavoro dei nostri membri del Comitato editoriale”, aggiungendo che, secondo i giornalisti e i collaboratori del giornale, un endorsement per il vicepresidente Kamala Harris era già stato redatto, e la decisione di non pubblicarlo è stata presa da Bezos in persona.
Il sindacato ha aggiunto che da quando è stata annunciata la decisione, “stiamo già assistendo all’abbandono di lettori un tempo fedeli”; venerdì pomeriggio circa 2.000 abbonati hanno cancellato il loro abbonamento. Dopo l’annuncio, “Democracy Dies in Darkness” e “WaPo” sono diventati trending topic su X, e secondo il corrispondente di NPR per i media, David Folkenflik, il chief tech officer della testata stava convincendo gli ingegneri a bloccare le reazioni dei lettori sui social.
Reazioni anche dal campo democratico, affidate a Susan Rice, ex ambasciatrice statunitense alle Nazioni Unite ed ex consigliere per la politica interna dell’amministrazione Biden. “Alla faccia di ‘La democrazia muore nelle tenebre’”, ha detto, riferendosi allo slogan ufficiale del giornale. “Questa è una mossa ipocrita e vigliacca da parte di una pubblicazione che dovrebbe chiedere conto a chi detiene il potere”.