In Italia si imbottiglia acqua minerale praticamente ovunque: dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, nessuna regione esclusa. Secondo i dati dell’Annuario 2023-24 delle Acque Minerali pubblicato da Beverfood, l’Italia è il primo in Europa e il terzo al mondo, dopo emirati Messico e Thailandia, per consumo di acqua in bottiglia con una media di 252 litri l’anno a persona. Nel nostro Paese operano 130 stabilimenti di produzione che imbottigliano 225 marche diverse di acqua confezionata per un valore di vendite annuali di 4 miliardi di euro, una produzione pari a 16,6 miliardi di litri e un consumo interno di 14,9 miliardi di litri ogni anno. La preferenza per l’acqua minerale in Italia è storica: il 70% la preferisce liscia naturale, il 16% frizzante o leggermente frizzante e il 14% effervescente naturale. Un fondamento del valore sociale rivelato dell’acqua minerale è l’elevato valore soggettivo attribuito dai consumatori che negli anni, anche in tempi di crisi, ne hanno sempre e comunque aumentato il consumo, collocandola nel ristretto novero dei beni da non tagliare e sui quali, semmai, spendere qualche centesimo in più. Considerata buona, salutare e sicura, gli viene implicitamente riconosciuto il merito di rendere migliore la qualità della vita quotidiana, quella che per milioni di persone in fondo dipende anche dalla somma di tante piccole gratificazioni.
Un altro dato interessante rileva che il 70% dell’acqua confezionata è rappresentata da acqua minerale pura alla sorgente, mentre in altri paesi una buona parte o addirittura la maggioranza dei consumi è appannaggio di acque confezionate trattate, cioè sottoposte a procedimenti di depurazione.
Il prezzo medio di vendita è pari a 0,31 euro/litro, uno dei più bassi a livello europeo. Per converso, un litro di acqua in bottiglia costa al consumatore come circa 280 litri di acqua potabile che sgorga dal rubinetto di casa, la cosiddetta “Acqua del Sindaco”. La principale voce di costo nel prezzo dell’acqua è quello del trasporto e come nel caso degli acquedotti, anche per quelle minerali ha poco senso dal punto di vista logistico il trasporto a centinaia di chilometri, se non in altre nazioni. Le acque meno costose sono quindi quelle imbottigliate a livello locale.
A differenza dell’acqua che sgorga dal rubinetto, nelle acque minerali sono totalmente assenti i trattamenti di disinfezione, elemento che garantisce in molti casi una qualità migliore. La tipologia di acqua a ciascuno più adatta dipende dalla percentuale di anidride carbonica e dal residuo fisso, ossia la quantità di sali minerali espressa in mg/litro che rimane dopo averne fatto evaporare a 180°C un litro. Il diverso contenuto di residuo fisso rende ciascuna acqua più o meno indicata per differenti problemi di salute o tipologie di individui. Ad esempio, se un basso residuo fisso (meno di 50mg/litro) è indicato per casi di ipertensione, un più alto valore (oltre 1.500mg/litro) può favorire il reintegro di sali minerali negli sportivi.
Altri due importanti fattori sono il pH e i nitrati. Il primo è un valore compreso tra 0 e 14 e determina l’acidità o la basicità dell’acqua. Più il valore è basso, più la soluzione è acida (l’aceto di vino, ad esempio, ha un pH pari a 4) mentre se il valore è alto, la soluzione è basica (una soluzione di bicarbonato di sodio ha un pH 9). Per le acque minerali si tratta comunque di valori che oscillano tra il 6,5 e l’8, mentre le acque che presentano valori diversi possono essere impiegate per scopi terapeutici e non per il consumo quotidiano. I nitrati, invece, sono dei sali stabili presenti sia nelle acque minerali che nei vegetali, che nelle carni. Alte concentrazioni e valori di nitrati nell’acqua raccontano la presenza di un segnale di inquinamento, nel terreno, nell’aria o nell’ambiente circostante alla fonte. In Italia il limite di sicurezza di nitrati nelle acque potabili deve essere, secondo la legge, inferiore a 45 mg/l. Più il valore si avvicina allo zero, più l’acqua è definita pura.
Come per i vini, anche il mondo delle acque in bottiglia possiede le proprie peculiarità ad eccezione, ovviamente, dell’invecchiamento e delle annate particolari. Ecco allora che il calcio conferisce un gusto dolce, il sodio e il bicarbonato danno sapore più sapido, al contrario del magnesio che rende l’acqua più “amara”. Una significativa presenza di anidride carbonica rende l’acqua leggermente “acida”. A riguardo, esiste una particolare tabella redatta dall’Associazione Degustatori Acque Minerali che abbina le principali marche di acqua in bottiglia presenti sul mercato italiano dagli antipasti, ai primi, ai secondi, ai formaggi fino ai dolci secchi e al gelato. A ogni pietanza corrisponde una particolare tipologia di acqua da abbinare, proprio come succede con i vini.
L’acqua frizzante va servita a una temperatura di 8-10°C utilizzando un bicchiere con apertura stretta, in maniera da trattenere il perlage più a lungo possibile, controllare il flusso del liquido sulle papille gustative e generare una sensazione di freschezza. Per le acque naturali si utilizza, invece, un bicchiere con il bordo rivolto leggermente verso l’esterno e una temperatura di servizio di 10-12°C. In ogni caso per apprezzare al meglio le qualità organolettiche dell’acqua è sempre opportuno optare per la versione in bottiglia di vetro.