Il “mercante di morte” è di nuovo sulla piazza.
Viktor But, il trafficante d’armi russo liberato dagli Stati Uniti nel dicembre del 2022 in uno scambio di prigionieri con la cestista WNBA Brittney Griner, pare abbia ripreso a fare affari. E, secondo il Wall Street Journal, avrebbe aggiunto un nuovo cliente al suo portafoglio: gli Houthi, milizia yemenita vicina a Teheran responsabile negli ultimi mesi di decine di raid contro Israele e truppe statunitensi in Medio Oriente.
L’ennesimo colpo di scena di una vita già turbolenta, che nel 2005 ha ispirato il blockbuster hollywoodiano Lord of War, dove a interpretare But è nientemeno che Nicolas Cage. Il 57enne dopotutto non ha mai chiuso i conti con l’opaco mondo del commercio delle armi. Prima del suo arresto, aveva trascorso decenni a dirottare materiale di produzione sovietica verso Africa, America Latina e Medio Oriente. Fucili e munizioni finiti negli arsenali di al-Qaeda e dei talebani afghani, oltre a quelle di svariati guerriglieri subsahariani e centroamericani – alcuni dei quali utilizzati in attentati contro soldati statunitensi.
Catturato nel 2008 a Bangkok in un’operazione sotto copertura guidata dalla Drug Enforcement Administration (DEA) statunitense ed estradato un paio di anni dopo proprio negli USA, la sua luna era parsa eclissarsi. Poi, con la liberazione e l’elezione, nel luglio 2023, al parlamento regionale di Ul’janovsk con il Partito Liberal-Democratico russo (LDPR), ossia l’estrema destra filo-putiniana, But sembrava aver definitivamente abbandonato la tuta mimetica per indossare giacca e cravatta.
Ma il vecchio lupo aveva perso solo il pelo. E lo scorso agosto è ricomparso a Mosca per trattare l’invio di armi nella penisola arabica.

Secondo fonti europee, i rappresentanti dei ribelli yemeniti erano nella capitale russa per trattare l’acquisto di armi automatiche per un valore di 10 milioni di dollari. Le consegne, non ancora avvenute, comprenderebbero prevalentemente fucili d’assalto AK-74 ma anche missili anticarro Kornet e sistemi antiaerei – che permetterebbero ai guerriglieri yemeniti di colpire con maggiore pericolosità i presidi statunitensi nella regione.
Ufficialmente, gli emissari Houthi sostengono di aver trattato l’acquisto di pesticidi e veicoli, visitando per lo scopo anche una fabbrica di automobili Lada. Ma la loro missione sembra essere stata tutt’altro che agricola. Non è ancora chiaro peraltro se l’accordo sia stato negoziato con l’approvazione tacita del Cremlino, che nel frattempo ha prontamente bollato lo scoop del Journal come “fake news”. Una secca smentita è arrivata anche dal diretto interessato, che all’agenzia di stampa statale russa TASS ha liquidato le voci come “accuse infondate”.
“I media statunitensi continuano ad alimentare un’immagine di me come ‘trafficante d’armi’ solo per attirare l’attenzione”, ha aggiunto But, secondo cui bisognerebbe chiedersi “chi trae beneficio dalla notizia”.
Il suo avvocato, Steve Zissou, ha sottolineato che But non si occupa più di armi da oltre vent’anni. Con una chiosa che sa però di mezza conferma: anche se il Governo russo avesse autorizzato Bout a facilitare la vendita di armi agli Houthi, sostiene il legale, “non sarebbe poi così diverso da quanto Washington sta facendo con l’Ucraina”, che è nemica dei russi.

Nato a Dushanbe, nel Tagikistan allora parte dell’Unione Sovietica, But iniziò la sua carriera come traduttore militare specializzato in francese, inglese e portoghese. Dopo il collasso dell’URSS decise di mettere in pratica le conoscenze linguistiche iniziando a vendere aerei da trasporto militari russi alle forze di pace delle Nazioni Unite in Africa. Il suo nome divenne definitivamente di pubblico dominio nel 2005, quando Washington lo sanzionò per aver contrabbandato armi in cambio di diamanti con il signore della guerra africano Charles Taylor, ex presidente della Liberia condannato per crimini di guerra in Sierra Leone.
Il ritorno agli affari di But è destinato a far discutere molto negli Stati Uniti. Già in passato molti repubblicani avevano contestato un certo squilibrio nel considerare un trafficante di armi vicino a guerriglieri anti-statunitensi e ad estremisti islamici un’equa contropartita per Griner, condannata a 9 anni per aver imprudentemente conservato una manciata di decigrammi di olio di cannabis in valigia (entrambi, tra l’altro, sono tornati al loro vecchio mestiere, dato che Griner ha partecipato alla vittoriosa spedizione statunitense ai Giochi di Parigi 2024).
All’epoca dello scambio, la Casa Bianca spiegò che il nome di But fosse l’unico capace di superare la resistenza del Cremlino e garantire il rimpatrio di Griner, specificando che il russo aveva già scontato 12 anni di carcere in Illinois. Il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan disse che l’amministrazione Biden aveva valutato i rischi legati alla liberazione del trafficante d’armi, concludendo che sarebbero stati “gestibili”. Col senno di poi, quei calcoli potrebbero essere rivelarsi errati.