Raid aerei israeliani hanno colpito le roccaforti di Hezbollah nei sobborghi meridionali di Beirut all’alba di domenica, scatenando una serie di potenti esplosioni che hanno fatto tremare la capitale libanese. Secondo alcune testimonianze raccolte sul campo, le deflagrazioni hanno risuonato per tutta la città, mentre lampi di luce rossa e bianca hanno illuminato il cielo per quasi mezz’ora. Israele ha confermato l’attacco, specificando che i raid avevano l’obiettivo di colpire depositi di armi e infrastrutture legate al gruppo militante, strettamente legato all’Iran e considerato da Tel Aviv una minaccia esistenziale alla propria sicurezza.
Secondo quanto dichiarato dalle forze armate israeliane, l’operazione è stata mirata a colpire diversi depositi di armamenti e a distruggere le principali infrastrutture logistiche di Hezbollah, nel quadro di una campagna di lungo termine volta a indebolire il gruppo sciita. Le autorità israeliane hanno voluto precisare che erano state adottate misure precauzionali per limitare le vittime civili: la popolazione locale sarebbe stata preventivamente avvisata per evitare ulteriori perdite umane. “L’aeronautica ha condotto una serie di raid mirati su depositi di armi e strutture terroristiche appartenenti all’organizzazione Hezbollah nell’area di Beirut”, ha confermato un portavoce militare israeliano.
La nuova ondata di attacchi arriva dopo giorni di intensi bombardamenti nelle zone controllate da Hezbollah a Beirut, culminati nell’uccisione del leader del gruppo, Sayyed Hassan Nasrallah. La morte di Nasrallah, confermata dal gruppo stesso, ha aperto un vuoto di potere significativo, considerato l’enorme peso che la figura del leader aveva all’interno non solo dell’organizzazione, ma anche nella scena politica libanese, dove Hezbollah rappresenta una forza dominante e un alleato cruciale per Teheran.
Fonti di sicurezza libanesi hanno suggerito che gli attacchi israeliani potrebbero aver preso di mira anche il possibile successore di Nasrallah, Hashem Safieddine, che è scomparso da venerdì scorso. Le stesse fonti riportano che Safieddine si trovava nei pressi dell’aeroporto internazionale di Beirut al momento di un attacco israeliano, che molti ritengono fosse mirato proprio a lui. Hezbollah non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali sul destino di Safieddine, ma la sua scomparsa ha suscitato serie preoccupazioni su una possibile ulteriore destabilizzazione della leadership del gruppo, già messa a dura prova.
I bombardamenti senza sosta hanno reso estremamente difficili i soccorsi tra le macerie degli edifici distrutti, soprattutto nel popolatissimo sobborgo di Dahiyeh, roccaforte di Hezbollah nel sud della capitale. L’area è stata devastata, con interi quartieri ridotti a un cumulo di rovine e un bilancio umano sempre più drammatico: centinaia di civili uccisi e oltre 1,2 milioni di persone – quasi un quarto della popolazione del Paese – costrette a lasciare le loro case.
Mentre le forze israeliane continuano ad avanzare in profondità nel territorio libanese dopo mesi di scontri lungo il confine, durante il fine settimana gli attacchi dell’IDF si sono estesi fino alla città settentrionale di Tripoli, colpendo per la prima volta un campo profughi palestinese. Fonti di sicurezza locali riferiscono che uno dei raid ha provocato la morte di un membro di Hamas, insieme a sua moglie e ai loro due figli. Hamas ha successivamente confermato la morte di due dei suoi combattenti, tra cui un leader di alto rango, Saeed Atallah, rimasto ucciso proprio a Tripoli.
Parallelamente alla campagna aerea, Israele ha lanciato una serie di operazioni terrestri nel sud del Libano, mirate a colpire le postazioni di Hezbollah e a smantellare l’infrastruttura militare del gruppo lungo il confine. Il contrammiraglio Daniel Hagari, portavoce delle forze armate israeliane, ha dichiarato che, dall’inizio dell’offensiva di terra, le truppe israeliane hanno ucciso 440 combattenti di Hezbollah e distrutto oltre 2.000 obiettivi strategici del gruppo. Hezbollah non ha ancora fornito un resoconto dettagliato delle proprie perdite.
Nel frattempo, la milizia ha a sua volta intensificato i propri attacchi missilistici contro il nord di Israele, rivendicando il lancio di razzi contro un complesso industriale-militare vicino alla città di Haifa. Israele ha confermato che due razzi hanno effettivamente attraversato il confine: uno è stato intercettato dai sistemi di difesa, mentre l’altro ha colpito il suolo senza provocare danni rilevanti.
L’escalation di violenze segna il primo anniversario di combattimenti dal 7 ottobre 2023, quando un devastante attacco di Hamas nel sud di Israele ha causato oltre 1.200 morti e la cattura di circa 250 ostaggi. La risposta israeliana non si è fatta attendere, con una campagna militare su vasta scala che ha colpito duramente la Striscia di Gaza, e quindi la Cisgiordania, il Libano e la Siria. Secondo il ministero della salute di Gaza, quasi 42.000 palestinesi sono morti sotto i bombardamenti israeliani, mentre gran parte dei 2,3 milioni di abitanti sono stati costretti a fuggire.
Sabato decine di migliaia di manifestanti si sono radunati in diverse città del mondo, chiedendo la fine immediata delle ostilità. Ma la situazione sul campo resta estremamente instabile, con Israele e Hezbollah che sembrano prepararsi a un’escalation ulteriore.
In questo quadro, anche l’Iran, principale sostenitore di Hezbollah e Hamas, ha intensificato il proprio coinvolgimento, lanciando quasi 200 missili balistici verso Israele nei giorni scorsi, pur senza provocare danni significativi. Israele non ha ancora risposto direttamente contro Teheran, ma la minaccia di attacchi alle infrastrutture petrolifere iraniane ha già scosso i mercati globali, facendo salire i prezzi del petrolio in previsione di un potenziale conflitto regionale più ampio.
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha esortato Israele a considerare opzioni strategiche alternative, in particolare riguardo a possibili operazioni contro obiettivi iraniani.