La prima mano robotica a controllo magnetico è stata messa a punto da un gruppo di ricerca dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. I risultati dello studio, sviluppato all’interno del progetto Myki, finanziato dalla Commissione Europea tramite uno Starting Grant del Consiglio Europeo della Ricerca (Erc), sono stati pubblicati sulla rivista Science Robotics.
Si tratta del primo dispositivo al mondo basato su una tecnica innovativa e sofisticata che sfrutta i segnali di magneti di pochi millimetri impiantati nei muscoli residui del braccio amputato. Per ottenere il funzionamento, gli autori dello studio hanno mappato e tradotto i piccoli movimenti delle porzioni di muscoli ancor disponibili, in segnali per controllare le dita della mano robotica. Ciò significa che, quando il muscolo si contrae, il magnete si muove mentre un algoritmo traduce l’impulso in un comando specifico attivando la mano robotica. Il sistema elettronico è contenuto in una struttura in fibra di carbonio realizzata ad hoc.
I ricercatori hanno potuto verificare il successo del dispositivo impiantato sul braccio di Daniel, un italiano di 34 anni che nell’aprile 2023 si è sottoposto a un complesso intervento chirurgico eseguito presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana. Durante l’intervento sono stati impiantati sei magneti nei residui muscolari. Daniel è riuscito a controllare i movimenti delle dita compiendo le classiche azioni quotidiane e controllando bene ogni movimento, riuscendo anche a dosare l’intensità della propria forza. “Questo sistema mi ha permesso di recuperare sensazioni ed emozioni perdute – ha raccontato il trentaquattrenne. – è stato come muovere di nuovo la propria mano”.
“Questo risultato corona un percorso di ricerca lungo decenni – ha commentato Christian Cipriani, che ha coordinato lo studio. – Siamo finalmente riusciti a sviluppare una protesi funzionale alle esigenze di una persona che ha perso una mano e siamo pronti a estendere questi risultati a una casistica più ampia di amputazioni”. Anche Marta Gherardini, prima autrice dello studio afferma: “Lavorare insieme a Daniel ha concretizzato la consapevolezza che possiamo fare molto per migliorare la sua vita e quella di molte altre persone. È questa la più grande motivazione che ci spinge a continuare il nostro lavoro e a fare sempre meglio”.