I data center sembrano strutture uscite direttamente dai film fantascientifici sul futuro: centinaia di scaffali pieni dei dati che, tutto il giorno, noi condividiamo con applicazioni e siti che visitiamo. Ma non si trovano solo nella Silicon Valley, dove si sviluppa il mondo tech. Fra qualche mese, anche New York avrà il suo “raccoglitore di dati” fisico.
A 40 chilometri a Nord di Manhattan, precisamente a Orangeburg, ABC News riporta che DataBank, che si occupa di organizzazione, protezione e raffreddamento dei dispositivi di database per aziende più grandi come Apple, sta costruendo il primo centro. Il magazzino, perché di questo si tratta, avrà al suo interno cinque “suite” per i dati, disposte a un metro da terra, in modo da avere anche l’aria condizionata per rinfrescare l’ambiente, e distribuite su una superficie totale di circa 20.000 metri quadrati. Ma, come spiega il vicepresidente per le vendite, Dan Fuentes, la capacità dei data center si misura in energia: “Avrà 20 megawatt di potenza critica per i nostri clienti, quindi 30 megawatt in totale”.
Tanti sono i watt a disposizione, ma altrettanti sono anche quelli da consumare per mantenere sempre attivo il magazzino. A Orangeburg, il cantiere è situato vicino a una centrale elettrica, da cui ricaverà la maggior parte dell’energia. Nel caso in cui si verificassero dei cortocircuiti, verranno disposti due enormi generatori all’estero della struttura. Inoltre, siccome il fabbisogno energetico di un data center è decisamente alto con significative conseguenze sull’ambiente, Martynek ha dichiarato che si impegneranno a utilizzare anche energia rinnovabile.
New York non poteva mancare quella che sembra un’opportunità, considerando che, secondo la U.S. International Trade Commission, attualmente ci sono più di 8.000 data center in tutto il mondo, di cui più di 2.800 negli Stati Uniti. “Ed è un mercato destinato a crescere”, ha dichiarato il CEO di DataBank, Raul Martinek. Stando alle sue previsioni, entro il 2030, la domanda crescerà ancora del 10% perché, da una parte, anche se le grandi aziende, come Meta, Amazon e Google, hanno i loro magazzini, avranno bisogno di ancora più spazio e si affideranno a strutture private progettato appositamente per il raccoglimento di dati. Come già sta succedendo. E dall’altra, l’Intelligenza Artificiale ha segnato il punto di svolta. “C’è un prima e un dopo ChatGPT – conclude Martinek. – Negli ultimi due anni c’è stato un boom di richieste, perché tutti vogliono adottare questa tecnologia e incorporarla nella loro attività”. L’80% del data center di Orangeburg verrà destinato Corewave, un’azienda di AI.
Alcuni esperti si sono opposti a questa scelta perché sostengono che i modelli di AI consumino più energia. Secondo la MIT Technology Review, l’addestramento di un modello linguistico di grandi dimensioni produce una quantità di CO2 pari a quella di cinque auto a gas. Un rapporto di Goldman Sachs Research, invece, dimostra che porre una domanda a ChatGPT richiede la stessa energia di dieci ricerche su Google. “La fornitura di energia elettrica di queste aziende potrebbe avere una certa pressione su quella complessiva”, scrive Jake Bittle di Grist.