“Mosca tiferà per Kamala Harris“.
A dirlo, con sorriso sornione, Vladimir Putin in persona. Lo ha fatto giovedì, durante il Forum economico orientale a Vladivostok, giustificando il sostegno alla candidata democratica alle elezioni presidenziali USA di novembre in modo inusuale: “Ha una risata così contagiosa che sembra che tutto andrà bene con lei.”
“Avevo detto che Biden era il nostro preferito, per così dire. Poi però lui è uscito di scena e ha raccomandato a tutti i suoi sostenitori di appoggiare Harris. Quindi sosterremo lei”, ha detto Putin. Perché non l’avversario repubblicano? Presto detto: “Trump ha imposto alla Russia il maggior numero di sanzioni che qualsiasi presidente (USA) abbia mai imposto prima“, ha aggiunto Putin. “Se Harris farà bene, forse si asterrà da azioni simili”.
Impossibile non pensare a una fine provocazione. Poche ore prima, l’amministrazione di Biden – e della sua vice Harris – ha infatti imposto nuove sanzioni su dieci persone, tra cui la direttrice della TV statale RT Margarita Simonyan e la sua vice Elizaveta Brodskaia, e due entità, accusandole di voler influenzare la campagna elettorale statunitense.
Il Dipartimento di Giustizia ritiene che l’emittente russa controllata dallo Stato avrebbe fornito quasi 10 milioni di dollari per finanziare segretamente video prodotti da Tenet Media, azienda-fantoccio vicina all’estrema destra con sede nel Tennessee. Kostiantyn Kalashnikov, capo della direzione per i media digitali dell’emittente, ed Elena Afanasyeva, una sua collaboratrice, avrebbero utilizzato “false identità e società di comodo” – come Tener, per l’appunto – per realizzare una “campagna di influenza segreta negli Stati Uniti” mediante la pubblicazione di centinaia di video scandalistici su TikTok, Instagram, X e YouTube su temi divisivi come immigrazione e inflazione.
Negli ultimi anni Putin non ha lesinato filippiche nei confronti dell’amministrazione di Joe Biden, a cui poi peraltro qualche mese fa ha paradossalmente fornito il suo endorsement. Il motivo? L’81enne dem è un politico “più esperto” – o forse vecchio, giovando sulla sua veneranda età – di Trump. E perciò “più prevedibile”. Prima che l’uscita di scena in favore della vice Harris rimescolasse le carte (ma a Mosca in realtà hanno sempre continuato a preferire Trump).
Endorsement, veri o presunti che siano, a parte, è almeno dalle elezioni del 2016 e dal cosiddetto “Russiagate” che Washington denuncia i presunti tentativi russi di influenzare il voto. Lo ha ribadito anche negli scorsi giorni, bersagliando personalmente i media controllati dal Cremlino – già fuorilegge in gran parte d’Europa e degli Stati Uniti. E nemmeno stavolta, come in passato, si è fatta attendere la risposta di Mosca. Le accuse sono state bollate come una “manovra politica”, e la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova ha promesso una risposta che “farà tremare tutti”.
Ad inasprire le tensioni c’è poi la guerra in Ucraina, iniziata con l’invasione russa nel febbraio 2022, che ha moltiplicato le sanzioni occidentali contro Mosca e il cerchio magico di Putin. Biden ha sostenuto con forza Kyiv, inviando aiuti economici e militari, e lo stesso ci si aspetta da Harris. Trump, invece, ha dichiarato che con lui alla Casa Bianca il conflitto si risolverebbe “in 24 ore” (il piano messo a punto dai suoi consiglieri sembra però avere più di qualche punto in comune con quello del Cremlino).
Dal palco di Vladivostok, Putin è inoltre intervenuto per la prima volta pubblicamente anche sulla clamorosa incursione ucraina a Kursk. “L’obiettivo del nemico era quello di renderci nervosi e di fermare la nostra offensiva nel Donbass, che rimane la nostra priorità. Ma non ha funzionato“, le parole del 71enne pietroburghese.
Ma alla tavola rotonda con il vicepresidente cinese Han Zheng e il premier malese Anwar Ibrahim si è parlato anche di Israele, con un’altra stoccata a Washington: secondo Putin, il motivo dello stallo negoziale tra Israele e Hamas sarebbe il “monopolio” diplomatico auto-assunto dalla Casa Bianca, ritenuta troppo vicina allo Stato ebraico.