Un team di archeologi marini ha recuperato negli abissi del mare delle Egadi un rostro, un pesante oggetto da sfondamento che veniva montato sulla prua delle navi antiche per affondare quelle nemiche, decorato e iscritto e risalente al III sec. a.C.
Secondo la ricostruzione degli esperti il reperto risale alla battaglia delle Egadi che segnò la fine della prima guerra punica. La scoperta è stata fatta dal gruppo di archeologi e ricercatori che conduce l’ attività di ricerca nel tratto di mare tra Levanzo e Favignana da circa 20 anni. Il team è formato dalla Soprintendenza del Mare, dalla statunitense Rpm Nautical Foundation e dalla Society for documentation of submerged sites (SDSS). Quest’ultima è un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro fondata nel 1999 e con sede in Italia, che lavora con lo scopo di studiare e valorizzazione il patrimonio storico e ambientale sommerso.
Il rostro recuperato dai subacquei del SDSS presenta incisioni e decorazioni sotto le incrostazioni dovute alla permanenza nei fondali marini durante i secoli. Le caratteristiche formali e stilistiche di questo affascinante reperto sono simili a quelle di altri rostri già recuperati nello stesso mare dalle precedenti campagne di ricerca. Anche quest’ultimo infatti presenta nella parte anteriore, una decorazione a rilievo che raffigura lo stemma militare di un elmo del tipo Montefortino con tre piume. Si tratta di un tipo di elmo militare di origine celtica successivamente utilizzato nella cultura romana, in particolare dal 300 a.C. fino al I secolo a.C.
I sommozzatori hanno recuperato l’imponente rostro grazie alla nave oceanografica da ricerca chiamata “Hercules” progettata con sofisticate strumentazioni presenti a bordo grazie alla quale i ricercatori hanno potuto individuare e recuperare numerosi reperti archeologici fondamentali per ricostruire l’ evento storico delle guerre che ebbero luogo nel mediterraneo durante il III secolo a.C.
Attualmente il rostro è stato trasferito nel laboratorio di primo intervento nell’ex Stabilimento Florio di Favignana e verrà analizzato e studiato dagli archeologi della Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana.