Steve Kerr è probabilmente uno degli uomini più brillanti d’America, nonché un mago della comunicazione. Se non fosse stato per la sua passione smodata per la pallacanestro, che lo ha portato a vincere 5 anelli da giocatore e 4 da capo allenatore, oltre al recente oro olimpico a Parigi, molto probabilmente avrebbe seguito le orme del padre, diplomatico statunitense, assassinato nel 1984 a Beirut, da due estremisti islamici.
Nonostante l’eccellente carriera cestistica, però, l’attuale coach dei Golden State Warriors è sempre stato più di un semplice atleta ed uomo di sport, dimostrando una grandissima sensibilità nei confronti di alcune tematiche e di diversi eventi che, negli ultimi anni, hanno turbato il Paese.
Dall’immigrazione alle politiche anti aborto, dal sistema sanitario statunitense alla strage di Uvalde, Texas: l’ex playmaker dei Bulls non si è mai tirato indietro quando gli sono state fatte domande su questi temi che per alcune celebrità potrebbero risultare roventi. Nel corso degli ultimi 8 anni, inoltre, il coach di Golden State è stato uno dei più grandi critici di Donald Trump, delle sue idee e delle sue politiche.
Non è certo un caso se nel 2017, dopo la vittoria del titolo, i Warriors non presero parte alla tradizionale visita alla Casa Bianca. In compenso, i giocatori ed il loro allenatore vennero fotografati al National Museum of African American History and Culture. Visti i precedenti, dunque, la presenza di Kerr alla convention democratica di Chicago non ha certo sorpreso i più.
Una volta salito sul palco dello United Center, proprio l’impianto all’interno del quale ha vinto ben 3 titoli consecutivi con i Bulls, Kerr ha iniziato il suo discorso soffermandosi su un tema che conosce decisamente bene: l’importanza della leadership.
“Credo che i leader debbano mostrare dignità, debbano dire la verità e debbano avere a cuore le persone che guidano”, ha spiegato il 58enne, “Se cercate queste caratteristiche nei vostri amici, in un capo, in un impiegato, nell’insegnante di vostro figlio o nel vostro sindaco, non dovreste volere le stesse qualità anche nel vostro presidente? E se ci pensiamo bene, non c’è gara. In Kamala Harris e Tim Walz vedo tutte queste qualità. La vera leadership non è quella che cerca di dividerci, ma quella che riconosce e celebra il nostro scopo comune”.
“Vedo già i tweet ‘Zitto e fischia’ che vengono lanciati mentre parliamo”, ha aggiunto il coach, riferendosi ai suoi detrattori, “Ma sapevo anche che, dopo essere stato interpellato come cittadino americano, era troppo importante non parlare in occasione di un’elezione di questa portata”.
Prima di salutare il pubblico, Kerr ha voluto citare il capitano dei suoi Warriors, il fenomenale Stephen Curry, che recentemente ha dato il suo “endorsment” alla Harris. Inclinando la propria testa sulle mani giunte, l’allenatore ha infatti concluso: “Dopo il conteggio dei risultati, come dice Steph, potremmo dire a Donald Trump ‘notte, notte’”.