Sebbene le preoccupazioni per gli alti tassi di ospedalizzazione e mortalità associati alle infezioni da coronavirus siano state fugate dalla messa a punto dei vaccini, le ultime ricerche indicano che il COVID-19 ha un impatto a lungo termine sull’apparato neurologico dell’essere umano.
Un numero rilevante di studi si pone l’obiettivo di esaminare se la pandemia abbia aumentato il rischio di disturbi cognitivi o esacerbato condizioni neurodegenerative come la demenza. La tesi di una nuova ricerca pubblicata dalla Elsevier, casa editrice che si occupa di scienza, afferma che esiste un legame tra il COVID-19, il declino cognitivo e la demenza, che riguarda in particular modo gli anziani. La percentuale complessiva di pazienti identificati come affetti da un deterioramento cognitivo di nuova insorgenza è pari al 65%.
Lo studio ha rilevato che i pazienti dai 65 anni in su, la maggior parte dei quali ricoverati in ospedale per il COVID-19, hanno presentato evidenze di tale deterioramento, e che oltre la metà di essi presentava un’insorgenza di carattere nuovo. Questi risultati sono stati accertati anche al di fuori di casi di pazienti che già presentavamo sintomi neurologici nella fase acuta del COVID-19.
Nonostante siano necessarie ulteriori ricerche per identificare con precisione le cause, e il potenziale recupero nel tempo, l’unica certezza rimane la vaccinazione contro il COVID-19, che riduce il rischio di infezione, quindi di ulteriori complicazioni.