Continua a soffiare in Venezuela la buriana della protesta dopo la contestata riconferma del presidente Nicolás Maduro. Migliaia di persone sono scese in piazza sabato nella capitale Caracas, sventolando la bandiera nazionale e cantando l’inno in sostegno al candidato dell’opposizione Edmundo González, ritenuto il vero vincitore delle elezioni presidenziali tenutesi domenica scorsa – che tuttavia le autorità elettorali hanno assegnato a Maduro pur non fornendo i risultati ufficiali.
L’opposizione, rappresentata da Maria Corina Machado, ha organizzato ieri una manifestazione nella capitale dopo giorni in cui era rimasta nascosta temendo per la propria vita e libertà.
“Dopo sei giorni di repressione brutale, pensavano di poterci zittire, intimidire o paralizzare,” le parole dell’oppositrice, che non ha potuto candidarsi in quanto squalificata dalle autorità.
La repressione delle proteste da pare del governo di Maduro è stata brutale: secondo il Foro Penal, un’organizzazione per i diritti umani, almeno sei persone sono morte durante gli scontri tra manifestanti e polizia. Centinaia di sostenitori dell’opposizione sono stati arrestati, con il regime che ha minacciato di imprigionare Machado e González, il quale precauzionalmente non ha partecipato all’evento di sabato. Dopo il comizio, Machado è stata trasportata via in motocicletta, indossando una maglietta anonima per non farsi riconoscere.
Nelle stesse ore, migliaia di sostenitori di Maduro si sono radunati davanti all’ufficio presidenziale al palazzo di Miraflores, dove il leader socialista ha accusato l’opposizione di “fomentare odio, divisione e fascismo”.
La Commissione Elettorale Nazionale (CNE), fedele a Maduro, ha proclamato negli scorsi giorni il trionfo del presidente uscente con il 52% dei voti, contro il 43% di González. L’opposizione ha respinto il risultato e ha lanciato un sito web con copie dell’84% delle schede che mostrerebbero la netta vittoria di González.
Molti Paesi della regione, tra cui Stati Uniti, Argentina, Costa Rica, Ecuador, Panama e Uruguay, hanno contestato i risultati. L’Organizzazione degli Stati Americani ha chiesto “riconciliazione e giustizia”, mentre il segretario di Stato USA, Antony Blinken, ha dichiarato che Washington considera González il vincitore delle elezioni. In tutta risposta, Maduro ha invitato gli Stati Uniti a “non intromettersi” negli affari interni di Caracas.
La vicenda ha avuto risalto anche dall’altra parte dell’Atlantico. Sette paesi dell’Unione Europea hanno chiesto la pubblicazione dei risultati elettorali, esprimendo “forte preoccupazione” per la situazione dopo le elezioni contestate. La dichiarazione congiunta di Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo e Spagna ha sottolineato la necessità di rispettare i diritti di tutti i venezuelani, in particolare dei leader politici, e ha condannato qualsiasi arresto o minaccia contro di loro.
Dal 2013, anno dell’inizio del governo di Maduro, il Venezuela, che possiede le riserve di petrolio più grandi del mondo, ha visto un crollo del PIL di circa l’80%. La nazione è inoltre alle prese con un’iperinflazione cronica e gravi carenze di beni, che hanno costretto oltre sette milioni di cittadini a emigrare negli ultimi dieci anni, segnando la più grande esodo nella storia dell’America Latina.