William L. Calley Jr., ex tenente dell’esercito statunitense durante la guerra del Vietnam, nonché l’unico americano condannato per l’omicidio di centinaia di civili vietnamiti disarmati in quello che è divenuto tristemente noto come il Massacro di My Lai, è morto il 28 aprile in un ospizio di Gainesville, in Florida, secondo i dati della Social Security Administration. Aveva 80 anni.
La causa della sua dipartita non è stata resa nota. La notizia della sua morte è stata riportata per la prima volta dal Washington Post, soltanto poche ore fa. Nella mattina del 16 marzo 1968, il sottotenente Calley, un 24enne capo plotone che si trovava in Vietnam da soli tre mesi, guidò circa 100 uomini della Compagnia Charlie a My Lai 4, una frazione interna sulla costa orientale del Vietnam del Sud.
Gli americani si mossero in base a ordini ambigui: ai soldati, infatti, venne riferito che chiunque si trovasse nella frazione, anche donne e bambini, potesse essere un alleato dei Vietcong. Quello di My Lai è stato uno degli attacchi più violenti della storia: l’esercito statunitense trucidò oltre 500 civili, diverse donne furono stuprate, alcuni corpi vennero mutilati ed il villaggio venne dato in pasto alle fiamme. Gli abitanti del villaggio che si rifiutavano di uscire dalle loro abitazioni, venivano uccisi nelle capanne da bombe a mano o da raffiche di mitra. Altri sono stati trucidati mentre uscivano dai nascondigli.
Anche neonati e bambini vennero colpiti con baionette ed armi da fuoco. Sebbene i superiori del tenente Calley sapevano in generale cosa fosse successo, l’atrocità fu insabbiata nei rapporti militari, che definivano l’operazione come una missione di ricerca e distruzione riuscita. Ci sono voluti quasi due anni-e gli sforzi persistenti di alcuni soldati e di un giornalista investigativo indipendente, Seymour M. Hersh, che in seguito ha vinto il Premio Pulitzer per le sue rivelazioni – affinché le indagini andassero avanti.
A quel punto, il tenente Calley, un uomo basso e tarchiato, disprezzato dalle sue truppe e dai suoi colleghi ufficiali in quanto considerato come un leader insicuro che sapeva a malapena leggere una mappa o una bussola e che sembrava mancare di buon senso sul campo, era stato promosso a primo tenente e premiato con una Stella di Bronzo. Il 6 settembre 1969 fu accusato dell’omicidio di massa di civili a My Lai insieme a 24 persone. Nel marzo 1971, Calley fu l’unico ad essere condannato per l’omicidio premeditato di “non meno di” 22 vietnamiti e condannato all’ergastolo.
Nel 1974, un giudice federale della Georgia, J. Robert Elliott, annullò la condanna, affermando che a Calley era stato negato un processo equo. L’esercito fece appello e Calley fu confinato per tre mesi nella caserma di Fort Leavenworth, nel Kansas. Fu poi rilasciato su cauzione e non tornò più in carcere.
Anni dopo il massacro in Vietnam, più precisamente nel 2009, l’ex soldato statunitense dichiarò: “Non c’è giorno in cui non provi rimorso per quello che è successo a My Lai. Provo rimorso per i vietnamiti che sono stati uccisi, per le loro famiglie, per i soldati americani coinvolti e per le loro famiglie. Sono molto dispiaciuto”.
Con la sua morte, dunque, si chiude una delle pagine peggiori della storia contemporanea statunitense.