Ci sarà giocoforza l’Ucraina in cima ai dossier della tre-giorni di summit NATO a Washington, da martedì a giovedì, che commemora il 75° anniversario della fondazione dell’Alleanza Atlantica.
Il vertice capitolino segna un momento cruciale per l’alleanza militare occidentale, alle prese con una minaccia russa tornata di stringente attualità a un quarto di secolo dal collasso dell’Unione Sovietica. I trentadue capi di Stato e di governo dei Paesi membri – compresi quelli dei due nuovi arrivati, Finlandia e Svezia – si concentreranno su come sostenere lo sforzo bellico difensivo ucraino senza tuttavia tracimare in uno scontro aperto con Mosca che riporterebbe il Vecchio Continente agli anni più bui della Guerra Fredda, quelli della mutua distruzione assicurata.
Il vertice prevede la creazione di una missione in Germania per coordinare gli aiuti all’Ucraina, denominata “NATO Security and Training Assistance to Ukraine” (NSATU), il cui compito sarà migliorare certezza e frequenza dei rifornimenti, evitando duplicazioni e colli di bottiglia logistici. Inoltre, è attesa un’approvazione significativa di aiuti militari, con un impegno complessivo di 40 miliardi di euro per il 2025 – oltre a generici “passi concreti” verso l’integrazione dell’Ucraina nella NATO. Su quest’ultimo punto rimangono peraltro contrastanti le posizioni dei singoli Paesi – con alcuni membri, come l’Ungheria, decisamente contrari all’ingresso di Kyiv nell’Alleanza nonché all’impiego di truppe di addestramento occidentali sul territorio ucraino.
A margine del vertice è attesa anche l’adozione di un impegno comune a rafforzare le capacità produttive belliche nazionali e a migliorare la standardizzazione dei sistemi d’arma – una risposta alle necessità emerse all’indomani del conflitto in Ucraina di rinfoltire rapidamente le scorte di munizioni, a lungo trascurate dopo la fine della Guerra Fredda.
Inevitabile poi che si sottolinei per l’ennesima volta la necessità di ciascun Stato membro di rispettare gli obiettivi di spesa militare (2% del PIL). Attualmente 23 Paesi hanno raggiunto questo traguardo: rimangono invece al di sotto della soglia minima Italia (1,49%), Belgio, Canada, Croazia, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia e Spagna (l’Islanda non viene conteggiata in quanto non dispone di un vero e proprio esercito).
A rappresentare l’Italia sarà una delegazione di alto livello guidata dalla premier Giorgia Meloni e dai ministri degli Esteri Antonio Tajani e della Difesa Andrea Crosetto. L’ANSA riporta che su “forte spinta” del Governo italiano sarà approvato al vertice un pacchetto di misure centrate su dialogo politico e collaborazione pratica con le nazioni del vicinato meridionale, e sarà creata la figura di un Rappresentante speciale del segretario generale Nato per il Sud, per i rapporti con Nord Africa, Sahel, Medio Oriente Golfo e Unione africana.
Oltre ai rappresentanti dei Paesi membri della NATO, nella capitale statunitense sono attesi oltre 40 partner dell’Alleanza, inclusi rappresentanti dell’Unione Europea e dei Paesi più esposti alle potenziali mire espansionistiche russe. Saranno presenti anche i leader di Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud – con i quali verrà affrontato il capitolo sulla regione indo-pacifica, con uno sguardo alla minaccia cinese.
L’incontro sarà infine l’occasione per salutare il segretario generale uscente dell’Alleanza, il norvegese Jens Stoltenberg, e dare il benvenuto a quello nuovo, l’olandese Mark Rutte – oltreché per accogliere nuovi leader come il primo ministro britannico Keir Starmer, alla sua prima missione internazionale di rilievo dopo l’approdo a Downing Street.