C’è una strana elettricità masochista in campo democratico. È esplosa dopo il tremendo dibattito di Biden contro Trump ma sta continuando anche dopo l’intervista esclusiva che il presidente ha concesso all’ABC sostenendo che adesso sta bene e continuerà la corsa convinto di essere in grado di battere di nuovo Trump il bugiardo . Ci credono solo lui e la famiglia, o è davvero iniziata lentamente la sua rimonta dopo le ultime uscite in Wisconsin e in Pennsylvania?
Gli ultimi sondaggi non sono ancora usciti, ma i democratici di diversa estrazione parlamentari o governatori, insieme agli editorialisti dei maggiori media Usa sembrano avviarsi ad una vera crociata quotidiana per spingerlo di lato. È iniziata però al tempo stesso la pericolosissima lacerazione del partito democratico che Biden ha sempre tenuto compatto.
Donald Trump sta seduto sulla riva del Potomac in attesa che passi il cadavere del nemico. O meglio che scorrano galleggianti i pezzi del partito democratico che potrebbe finire per implodere diviso fra pazienti e impazienti. Fra chi vuole Biden fuori subito dalla corsa o chi aspetta che il vecchio Joe decida da solo il suo futuro.
Davanti a George Stephanopulos che con grande professionalità e garbo gli poneva domande personali difficili, compresa l’umiliante e inutile eventualità di sottoporsi ad un test psicologico , Joe Biden ha risposto con fermezza che non era il caso.
Tutti hanno visto che il presidente è diventato e rimane fragile, ma non è suonato. Ha chiesto di aspettare il summit della Nato di questa settimana a Washington per giudicarlo. Ma soprattutto ha aggiunto che anche nel 2020 lo davano perdente e invece ha vinto sia il voto popolare, 7,3 milioni di suffragi in più di Trump, sia la maggioranza dei grandi elettori.
La prossima sarà una settimana cruciale e brutale proprio alla vigilia della convention repubblicana di Milwaukee, per due ragioni. Si capirà se Biden intende davvero arrivare al traguardo del 5 novembre per battere nuovamente Trump e avviare il suo “esilio politico”, magari per passare non troppo tempo dopo il testimone a Kamala Harris, o se i democratici masochisti vogliono davvero arrivare a una convention aperta dove si azzera tutto e si ricostituisce un ticket al termine di piccole primarie lampo.
Il nodo è questo. Biden e Harris le primarie le hanno già vinte. Degli oltre 4200 delegati alla convention solo 700 non si sono ancora espressi, ma il loro peso oggi è nullo. In una assemblea aperta invece c’è chi si agita per mettere in discussione tutto e azzerrare Biden-Harris con uno spiccata tendenza al suicidio politico.
Se Biden decidesse entro un mese di non farcela, schiacciato dai sondaggi e magari da qualche altro inciampo senile, e passasse il testimone a Kamala, molti sostengono che il partito ne uscirebbe rinvigorito e rilanciato perché Kamala su aborto immigrazione diritti umani e ambiente è attrezzata. Sarebbe l’exit strategy più facile e sicura. Ma se nell’arena di Chicago tornassero in gioco tutte le correnti, i gruppi di potere, gli sponsor che adesso fanno i ribelli insieme a qualche altro candidato che scalpita, la ricetta per il disastro dem sembrerebbe già scritta nel menu.
Con Kamala passata di necessità al volante invece, la macchina elettorale rimarrebbe intatta , lei indicherebbe un nuovo potente vice in grado di spingere e ringiovanire il ticket, e i 400 milioni di dollari già raccolti dagli elettori sarebbero pronti per essere trasformati in altrettanti proiettili contro Donald Trump
In questo momento viene da dire “non disturbate il conducente”. Joe Biden sta facendo due cose: il presidente degli Stati Uniti con ottimi e crescenti risultati, e il vecchio candidato che ipoteca forse con una certa incoscienza altri 4 anni della sua vita.
Lui dice che solo “il consiglio di Dio” potrebbe fargli cambiare idea, ma spesso anche i consigli dall’alto arrivano troppo tardi. Quindi anche se a qualsiasi età ambizione o narcisismo possono sembrare disturbi incurabili, Joe Biden non è mai stato Donald Trump
E gli va lasciato il tempo di riflettere e consultarsi ancora con tutti, fuori dalla campana di vetro famigliare e dal cerchio magico. Alla fine capirà da solo che è stato un bravo presidente anche se per un solo mandato, e che Kamala è la naturale continuità con ottime probabilità di poter dire insieme “missione compiuta”.
Se lei diventasse la prima presidente americana e la prima donna di colore alla Casa Bianca, l’eredità del vecchio Joe potrebbe superare di fatto nei libri di storia quella lasciata da Barack Obama. E l’uomo di Scranton insieme alla moglie Jill potrebbero esserne fieri. Date per favore qualche altro giorno a Joe e non soffiategli sul collo.