Dopo le lotte intraprese dalla comunità LGBTQ+ per la difesa dei diritti, iniziate a New York nel giugno 1969, in questo mese in tutto mondo crescono i festeggiamenti per celebrare “l’orgoglio gay”. Molte aziende sfruttano questo periodo per aprirsi a una nuova nicchia di mercato.
Negli Stati Uniti, in maniera più significativa che altrove, dopo la legalizzazione del matrimonio egualitario nel 2015, vi è stato un fiorire di marchi che hanno legato i loro prodotti alla famiglia arcobaleno e creato notevoli indotti. Tuttavia, quest’anno, alcuni dei più grandi brand che producevano campagne rivolte al Pride si sono tirate indietro e hanno ridotto la visibilità della comunità LGBTQ+, che continua a sentirsi minacciata.
Il “Corporate Pride”, entrato nei dibattiti mainstream la scorsa estate, ha visto puntare il dito in particolare sui diritti degli studenti e dei giovani transgender che sono i principali veicoli di moda e tendenze.
Fra il 2023 e il 2024 sono stati introdotti 527 disegni di legge per limitare diritti, talvolta già acquisiti, nelle legislature di tutti gli Stati Uniti e anche numerose aziende hanno dovuto affrontare i contraccolpi sulle loro campagne.
Dopo gli attacchi a Target e Bud Light, che per decenni hanno creato collezioni a tema Pride, le società adesso si stanno tirando indietro, minacciate da boicottaggi e ritorsioni. Quelli che erano iniziati come semplici atti dimostrativi da parte di uno sparuto numero di persone si è trasformato rapidamente in una crociata più vasta, che ha coinvolto anche leader repubblicani. Le multinazionali hanno cominciato a spostare i prodotti “incriminati” in aree meno visibili e, di conseguenza, le principali organizzazioni LGBTQ+ si sono indignate accusando i marchi di cedere alle pressioni conservatrici, proprio quando il loro supporto era invece necessario.
Sia Target che Bud Light, dopo le controversie legate al merchandising Pride, hanno dichiarato di aver subito forti cali nelle vendite. Il primo ha inoltre precisato in una nota che, nel 2024, le collezioni arcobaleno sarebbero state spostate “in negozi selezionati, in base alle prestazioni di vendita storiche”. Attraverso un suo portavoce, la società di Minneapolis si è comunque affrettata a dichiarare che “l’impegno verso la comunità sarebbe continuato, come il supporto ai dipendenti queer e non soltanto durante giugno ma per l’intero anno”.
Anche Nike, che dal 1999 proponeva collezioni per le parate, dopo le critiche dello scorso anno, per la collaborazione 2024 con Mulvaney, influencer transgender, ha deciso di concentrarsi su altre iniziative.
Un sondaggio condotto da Gravity Research ha rilevato che un terzo dei marchi che hanno prodotti legati al Pride li hanno ora etichettati come “beni di consumo di base” o hanno pianificato di cambiare le proprie strategie di mercato rispetto al passato.
A causa delle fallite partnership, le organizzazioni no-profit LGBTQ+, oltre alla mancata visibilità, hanno ricevuto conseguentemente meno risorse materiali per portare avanti le loro battaglie. Tuttavia alcuni sostengono che per le imprese, intrattenere rapporti con il mondo gay sia ancora vantaggioso. Alcune ricerche hanno dimostrato che i consumatori americani acquistano il doppio da coloro che supportano pubblicamente o mostrano impegno nei confronti della comunità LGBTQ.