Sedici economisti vincitori del premio Nobel hanno firmato una lettera congiunta in cui lanciano un allarme sui rischi che l’economia mondiale correrebbe se l’ex presidente Donald Trump dovesse tornare alla Casa Bianca per un secondo mandato. La lettera è stata pubblicata da Axios.
“Sebbene ognuno di noi abbia opinioni diverse sui dettagli delle varie politiche economiche – affermano gli accademici – siamo tutti d’accordo sul fatto che l’agenda economica di Joe Biden è di gran lunga superiore a quella di Donald Trump. C’è la forte preoccupazione che quest’ultimo, con i suoi budget fiscalmente irresponsabili, possa riaccendere questa inflazione”.
Joseph Stiglitz, che ha vinto il Premio Nobel nel 2001, è stato il primo firmatario della lettera. Con lui George Akerlof, Sir Angus Deaton, Claudia Goldin, Sir Oliver Hart, Eric Maskin, Daniel McFadden, Paul Milgrom, Roger Myerson, Edmund Phelps, Paul Romer, Alvin Roth, William Sharpe, Robert Shiller, Christopher Sims e Robert Wilson.
“Ricercatori apartitici – scrivono gli economisti, – tra cui Evercore, Allianz, Oxford Economics e Peterson Institute, prevedono che se Donald Trump metterà in atto con successo la sua agenda, l’inflazione tornerà a ruggire”.
16 Nobel laureates in economics, including me, released a letter raising concerns about a second Trump presidency. @axios got the scoop. https://t.co/N5DxZv6jbf
— Joseph E. Stiglitz (@JosephEStiglitz) June 25, 2024
Trump ha finora proposto di rendere permanenti i suoi tagli fiscali nel primo periodo, imponendo tariffe universali su tutte le importazioni, con un’aliquota tariffaria specifica per la Cina compresa tra il 60% e il 100%, ed esercitando pressioni sul consiglio indipendente della Federal Reserve affinché diminuisca i tassi di interesse.
Sia gli economisti che gli analisti di Wall Street hanno previsto che alcune o tutte queste proposte potrebbero rigonfiare i prezzi, che rimangono ancora vulnerabili, nonostante il leggero raffreddamento negli ultimi mesi.
Stiglitz ha affermato di essersi sentito obbligato a scrivere questa lettera perché molti elettori affermano di avere più fiducia in Trump piuttosto che Biden per gestire l’economia statunitense.
La campagna del candidato repubblicano ha respinto fermamente la posizione degli economisti. “Il popolo americano – ha detto la portavoce Karoline Leavitt, – non ha bisogno che i vincitori del premio Nobel, inutili e fuori dal mondo, gli dicano quale presidente ha messo più soldi nelle loro tasche”.
La campagna di Biden ha colto l’occasione per pubblicizzare la lettera: “I migliori economisti, vincitori del Premio Nobel e leader aziendali sanno tutti che l’America non può permettersi la pericolosa agenda economica di Trump”.
Molti di questi economisti avevano firmato una lettera simile nel settembre 2021 esprimendo sostegno al pacchetto “Build Back Better” del presidente Joe Biden. I critici dell’epoca sostenevano che le spese massicce previste avrebbero fatto aumentare l’inflazione.

Questa volta, Stiglitz e i suoi cofirmatari hanno adottato un approccio più cauto nei confronti dell’inflazione, dopo che l’economia statunitense ha passato l’ultimo anno a riprendersi dal torrido picco del 2023. I prezzi più alti sono stati in parte dovuti ai problemi della catena di approvvigionamento causati dalla pandemia, che hanno lasciato il sistema commerciale globale incapace di soddisfare la domanda dei consumatori. Ma questa è stata il risultato delle misure economiche adottate per la ripresa economica che hanno permesso di superare i gravi problemi con fabbriche e negozi chiusi a causa della pandemia molto meglio di quasi tutte le altre nazioni, grazie a generosi sussidi governativi, come l’ampliamento del “Child Tax Credit” e il “Paycheck Protection Program”.
Da allora, ha detto Stiglitz, Biden ha condotto con successo la strategia per raffreddare l’inflazione.
Si prevede che l’economia sarà al centro del dibattito presidenziale di domani sera. L’ex presidente Trump, oltre a promettere alle multinazionali americane di abbassare la loro aliquota fiscale dal 21% al 20%, vuole eliminare le tasse sulle mance salariali per i lavoratori nei settori dell’ospitalità, turismo e servizi, inclusi i dipendenti dei casinò.
Biden mantiene il suo piano di aumentare le tasse sulle società e la sua promessa che le famiglie che guadagnano meno di 400.000 dollari all’anno non vedranno un aumento delle tasse.
Esiste però un netto contrasto tra l’opinione degli elettori, che giudicano negativamente lo stato di salute dell’economia, e la Casa Bianca, che invece la definisce ottima. Per questo la squadra di Biden vuole passare all’offensiva e attirare l’attenzione sulle reali proposte di Trump, compresi i suoi piani per imporre nuovi dazi del 10% su tutte le importazioni e tariffe minime del 60% sui beni cinesi.
Dietro entrambi gli approcci si profila un debito federale che continua a crescere a causa dei tagli fiscali approvati nel primo mandato di Trump.
Biden ha guidato un periodo di solida crescita economica e un mercato del lavoro forte. Gli elettori però non gli danno molto credito, mentre lo incolpano per l’inflazione e più della metà degli elettori (erroneamente) pensa che gli Stati Uniti siano in recessione.