Sessantuno anni fa, alle 9.45 del 1 luglio del 1963, l’aereo presidenziale l’Air Force One atterrò a Roma con a bordo John Fitzgerald Kennedy. A accogliere il Presidente degli Stati Uniti c’erano il Presidente della Repubblica, Antonio Segni, le principali cariche istituzionali e rappresentanti del corpo diplomatico. La cerimonia di benvenuto fu trasmessa in Eurovisione dalla RAI, le riprese televisive seguirono il corteo presidenziale fino al Quirinale.
La visita europea di Kennedy fu dalla stampa americana definita come “La missione della buona volontà”. Il viaggio avvenne in un momento cruciale della Guerra Fredda, contrassegnato dal confronto tra le democrazie occidentali e i paesi del blocco sovietico aderenti al patto di Varsavia. Le tensioni tra le due superpotenze, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, alimentavano le preoccupazioni riguardo a potenziali situazioni di instabilità a livello internazionale. La missione presidenziale mirò a riaffermare la collaborazione tra le nazioni europee, consolidando la fiducia reciproca, rafforzando il ruolo di leadership americana nell’Alleanza Atlantica.

Non a caso, Kennedy incluse anche la Germania nel suo itinerario. A Berlino Ovest, il 26 giugno, pronunciò la celebre frase Ich bin ein Berliner, esprimendo così il sostegno e la solidarietà degli Stati Uniti alla popolazione berlinese divisa dal muro che spaccava la città in due. Il suo discorso di fronte ad una folla entusiasta rappresentò un momento carico di emozione e simbolismo.
Nelle elezioni politiche italiane tenutesi nell’aprile del 1963, la Democrazia Cristiana aveva subìto una diminuzione di circa 4 punti percentuali, mentre si era registrata una sensibile crescita del Partito Comunista italiano. A giugno, un nuovo governo non era ancora stato formato e il Presidente del Consiglio, Giovanni Leone, prestò giuramento soltanto dieci giorni prima dell’arrivo del Presidente americano.

Kennedy incarnò appieno le speranze e le aspettative di una popolazione italiana desiderosa di modernità e di una nuova immagine, diversa da quella tradizionale di un paese di emigranti. Milioni di italiani emigrati negli Stati Uniti tra il XIX e il XX secolo erano diventati cittadini americani e avevano votato in modo massiccio per il primo presidente cattolico del Paese.
Nel discorso di benvenuto, Segni sottolineò il profondo legame di amicizia che il popolo italiano nutriva verso gli Stati Uniti. Il Presidente evidenziò l’antica cooperazione tra i due paesi a cui si aggiunse la partecipazione a un’alleanza politico-militare, senza precedenti nella storia, caratterizzata non solo dalla forza ma anche dagli impegni che coinvolsero i popoli.

A Roma, Kennedy partecipò a vari eventi, tra questi: la deposizione di una corona sulla Tomba del Milite Ignoto, seguita dal saluto del Sindaco di Roma al Campidoglio. La serata del 1 luglio fu dedicata a un pranzo offerto dal Presidente della Repubblica al Quirinale. Nelle sue dichiarazioni ufficiali, Kennedy sottolineò l’importanza della collaborazione atlantica, rinnovando l’invito a tutti i popoli alleati a rafforzare il loro impegno nel rinsaldare i legami e perseguire l’obiettivo condiviso da tutti i popoli liberi: la pace. Enfatizzò il ruolo chiave della NATO come garante della sicurezza e della stabilità in Europa, affermando che l’adesione all’Alleanza impegnava tutti gli Stati membri alla difesa comune. E chiarì che un attacco contro un Paese alleato sarebbe stato considerato un attacco a tutti.

Nel suggestivo scenario del Campidoglio a Roma, Kennedy espresse la convinzione che l’Oceano Atlantico dovesse essere considerato un “Mare Nostrum” per tutti, sia sulla sponda orientale che su quella occidentale; manifestò un attaccamento quasi romantico al mondo europeo, considerandolo un crocevia di civiltà diverse, ma intrecciate in una storia comune. Le sue radici irlandesi avevano un ruolo significativo nel suo sentimento di appartenenza al vecchio continente, tanto che non perse occasione per farle rivivere nei suoi discorsi, sottolineando il suo legame con le tradizioni e le culture europee.

Un momento significativo del viaggio fu l’udienza in Vaticano con il neo-eletto Papa Paolo VI, evento che segnò un punto di svolta nei rapporti con la Santa Sede. Nell’occasione, Paolo VI ricordò il loro primo incontro, avvenuto 24 anni prima, quando un giovane Kennedy aveva accompagnato i genitori alla cerimonia di intronizzazione di Papa Pio XII. Il Pontefice menzionò le occasioni in cui aveva incontrato il padre del Presidente, l’Ambasciatore Joseph Kennedy. Paolo VI fece riferimento ai suoi viaggi negli Stati Uniti, prima di assumere gli impegni del pontificato.
A partire dalla visita di Kennedy, tutti i presidenti americani inclusero nelle visite in Italia un colloquio con il pontefice, fino all’apertura dell’ambasciata americana presso la Santa Sede voluta dal Presidente Reagan nel 1984.

La visita di Kennedy contribuì a sottolineare l’importanza della partnership transatlantica, confermò l’Italia come un alleato fidato e uno dei paesi più vicini agli Stati Uniti, sia all’interno della NATO che nell’ambito della Comunità europea.
Il 2 luglio iniziò con una colazione offerta da Kennedy a Segni nella residenza dell’ambasciatore americano a Roma. Nel pomeriggio, i due Presidenti si recarono alla base NATO a Napoli. Kennedy raggiunse la città partenopea in elicottero e, una volta giunto alla base, tenne un breve discorso ai militari americani e alle loro famiglie, affiancato dal Segretario di Stato Dean Rusk, alla presenza del Presidente Segni e del capo del Governo Leone.

Il corteo presidenziale per le strade di Napoli suscitò un entusiasmo difficilmente eguagliabile, con un milione di persone che riempirono le strade per accogliere Kennedy. Il giovane leader americano incantava con il suo carisma e il suo sorriso. La Lincoln presidenziale attraversò le principali vie e piazze della città circondata da una folla festosa, fino all’arrivo all’aeroporto di Capodichino.
Accanto a JFK, il Presidente Segni apparve anch’egli sorridente come poche altre volte si era visto. Il quotidiano “Il Mattino” titolò : “Il trionfo napoletano di Kennedy”. Anche Giulio Andreotti, presente durante la visita, ricordò, nel libro Gli Stati Uniti visti da vicino, l’accoglienza calorosa e affettuosa riservata a Kennedy dai napoletani lungo tutto il percorso. Il corteo presidenziale impiegò 90 minuti per raggiungere l’aeroporto, dove Kennedy si congedò dicendo come l’accoglienza ricevuta rendesse più triste la partenza, ma più felice il pensiero del ritorno a Napoli con la moglie Jacqueline. In Italia, il Presidente era arrivato accompagnato dalla sorella Jean; la First Lady era rimasta negli Stati Uniti perché quasi al termine della terza gravidanza: partorì il 7 agosto il terzo figlio, Patrick Bouvier Kennedy, morto solo due giorni dopo per complicazioni polmonari.
Purtroppo l’auspicio non si realizzò, Napoli rimase l’ultima città dell’ultima visita di Kennedy in Europa. La tragedia di Dallas, avvenuta il 22 novembre 1963, pose termine al suo mandato. La sua prematura scomparsa privò il mondo di un carismatico leader, ma il suo messaggio di speranza continuò a ispirare numerose giovani generazioni.