Sono le due maxi riforme con cui Giorgia Meloni vuole cambiare l’Italia. Dopo il primo “sì” all’elezione diretta del premier, il 18 giugno, nella stessa notte l’aula della Camera dei deputati ha approvato in via definitiva la legge sulla cosiddetta “autonomia differenziata”, con 172 voti favorevoli, 99 contrari, 1 astenuto.
Nell’aula di Montecitorio le opposizioni hanno cantato l’inno di Mameli per protesta sventolando il tricolore. Il gruppo M5S ha mostrato le bandiere italiane che molti deputati avevano al collo e sui banchi sin dalla partecipazione ieri alla manifestazione a Santi Apostoli a Roma dopo il sì del Senato al premierato.
Ci vorrà del tempo perché questa nuova legge sia effettivamente applicata. Ma cosa comporta?
COS’È L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
Si tratta di una legge puramente procedurale di attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione approvata oltre 20 anni fa: nel 2001. Ma adesso apre la via a riconoscere concretamente livelli diversi di autonomia alle diverse Regioni italiane a statuto ordinario e speciale, e alla province autonome di Trento e Bolzano, in ben 23 materie, dalla sanità alla scuola al fisco al commercio estero ai rapporti internazionali e con l’Unione europea e molto altro. Anche se l’iter sarà lungo.
Secondo le opposizioni, la premier Giorgia Meloni ha ceduto all’alleato di governo Lega: in cambio dei voti per l’elezione diretta del premier, ha accettato quello che de facto è un ritorno al progetto federalista che il partito del Nord accarezza fin dalla sua fondazione.
IL COMMENTO DI MELONI… E LA GIOIA DELLA LEGA
“Più autonomia, più coesione, più sussidiarietà. Ecco i tre cardini del disegno di legge sull’autonomia differenziata approvato alla Camera. Un passo avanti per costruire un’Italia più forte e più giusta, superare le differenze che esistono oggi tra i diversi territori della nazione e garantire gli stessi livelli qualitativi e quantitativi delle prestazioni sull’intero territorio” ha commentato Meloni su X.
“A dirlo mi tremano le gambe per l’emozione… L’approvazione di oggi è il coronamento di anni e anni di battaglie politiche della Lega, un voto che scrive una pagina di storia per tutto il Paese” ha scritto il ministro leghista delle Autonomie, Roberto Calderoli. Mentre il leader della Lega Matteo Salvini – ministro delle Infrastrutture e vicepremier – ha scritto sempre sui social “dopo tanti anni di battaglie e di impegno, nonostante le bugie e gli attacchi della sinistra, grazie alla Lega ed al governo l’Autonomia richiesta da milioni di Italiani è stata approvata anche alla Camera…”
L’OPPOSIZIONE: UNA LEGGE CHE DISTRUGGE L’ITALIA
Una legge “ingiusta” aveva detto in aula la segretaria del Partito democratico Elly Schlein, perché ad esempio consentirà “che gli insegnanti del Sud possano essere pagati meno di quelli del Nord, un colpo all’unità nazionale e all’uguaglianza nel Paese. Ma è anche un disegno sconveniente, lo dice anche Confindustria, state mettendo a rischio la sicurezza energetica con 20 diverse politiche energetiche nel Paese”.
LA LEGGE, I “LEP”, I TEMI DELL’AUTONOMIA: PERCHÉ CI VORRÀ DEL TEMPO
In 11 articoli, la riforma regola le procedure per le intese tra lo Stato e quelle Regioni che decideranno di chiedere un livello di autonomia differenziata rispetto alle altre. Prima di presentare la richiesta ogni singola Regione dovrà acquisire pareri di Comuni Province ed enti regionali del suo territorio.
Tra le 23 materie di possibile autonomia differenziata ci sono anche Sport, Ambiente, Energia, Trasporti, Cultura. Quattordici in particolare sono le materie definite dai Lep, Livelli Essenziali di Prestazione, cioè i criteri che determinano il livello di servizio minimo che deve essere garantito in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. La determinazione dei costi e dei fabbisogni standard dei Lep avviene sulla base di una ricognizione della spesa storica dello Stato in ogni Regione nell’ultimo triennio. Il governo nazionale entro 24 mesi dall’entrata in vigore della legge dovrà varare uno o più decreti legislativi per determinare livelli e importi dei Lep.
La strada per l’attuazione pratica insomma è ancora lunga. Stato e singole Regioni avranno tempo 5 mesi dalla richiesta della Regione per arrivare a un accordo. Le intese potranno durare fino a 10 anni e poi essere rinnovate. Potranno essere interrotte prima della scadenza da Stato o Regione con preavviso di almeno 12 mesi.
E L’OPPOSIZIONE PROMETTE BATTAGLIA
Nel frattempo i partiti d’opposizione promettono battaglia; torneranno in piazza mercoledì 23 giugno, contro l’elezione diretta del premier (che è una riforma Costituzionale) e contro l’autonomia. Ma in programma c’è altro. Lo dice la governatrice della Sardegna Alessandra Todde del Movimento 5 Stelle, secondo cui l’autonomia differenziata è “vergognosa”. “Credo sia importante uscire dalla logica del manifestare e basta, è tempo di atti concreti, ci riserveremo tutti gli strumenti possibili in tutte le sedi possibili” Andare davanti alla Corte Costituzionale? “È una possibilità ma ce ne sono anche altre”.