Venerdì pomeriggio, la giudice federale Maryellen Noreika ha rimandato a casa la giuria convocata per il processo ad Hunter Biden, accusato di aver mentito nel modulo d’acquisto di una pistola non dichiarando la sua tossicodipendenza. Gli avvocati dell’imputato contestano che quando il figlio del presidente acquistò l’arma era sobrio, da poco uscito da un centro di riabilitazione.
Non si è capito se lunedì, alla ripresa del processo, Biden parlerà. La pubblica accusa ha detto che ci saranno le arringhe e la requisitoria. La difesa ha dichiarato che potrebbero ancora testimoniare sia Hunter, sia suo zio. La figlia maggiore di Biden, Naomi, dovrà finire la testimonianza.
La giudice Noreika ha bruscamente aggiornato i lavori a lunedì e ha licenziato i giurati durante la pausa pranzo proprio mentre c’era la deposizione della figlia maggiore di Naomi Biden, che è lei stessa avvocata.
La giovane ha dichiarato che suo padre appariva in buona salute nel periodo in cui acquistò la pistola nell’ottobre 2018, da pochi giorni uscito da un centro di recupero a Los Angeles. “L’ho trovato bene”, ha detto ricordando il primo incontro fra agosto e settembre di quell’anno. Era orgogliosa di lui e gli aveva presentato l’allora fidanzato, ora marito, Peter. II due si sono incontrati poi una seconda volta a New York, alla fine di ottobre. “Era ancora in forma”, ha raccontato Naomi che è stata contestata dai pubblici ministeri quando le hanno mostrato uno scambio di messaggi con il padre in cui Hunter sembrava appannato. “Pareva molto positivo e pieno di speranza”, ha ribattuto. “Sapevo che stava lottando contro la dipendenza dopo la morte di mio zio. Le cose sono andate male”. Prima di uscire dall’aula, ha abbracciato il padre con gli occhi pieni di lacrime.
Si prevede che gli avvocati di Hunter chiameranno a testimoniare lunedì anche James, il fratello del presidente, che è stato molto vicino al nipote ed è stato tra i più attivi in famiglia ad assisterlo con la riabilitazione. Lo ha cercato per l’America quando il nipote faceva perdere le sue tracce. Lo ha inseguito a New York, Baltimora, Los Angeles e, dopo averlo trovato nei miseri alberghi e rifugi degli homeless, lo ha riportato a casa.
È stato lui che ha organizzato il ricovero di Hunter in un centro di recupero nella tarda estate del 2018.
Hunter Biden deciderà se parlare dopo che gli altri testimoni della difesa avranno finito, ha dichiarato l’avvocato difensore Abbe Lowell.
Jill Biden fa avanti e indietro dalla Francia, dove ieri ha accompagnato il marito per la cerimonia per l’80esimo anniversario del D-Day. Questa mattina era in aula. In serata è partita di nuovo per Parigi, dove domani insieme al marito sarà ospitata da Emmanuel e Brigitte Macron per una visita di Stato.
Prima di Naomi, i pubblici ministeri avevano chiamato i loro ultimi due testimoni. Uno era Jason Brewer, un chimico forense dell’FBI che lavora a Quantico. Ha testimoniato di aver testato i residui che ha stabilito essere cocaina da una borsa in cui Biden avrebbe tenuto la pistola.
L’altro era Joshua Romig, un assistente agente speciale responsabile della Drug Enforcement Administration. Ha testimoniato di una serie di messaggi per mostrare che Biden stava comprando crack nel 2018.
Hunter Biden ha scritto in modo approfondito della sua lotta contro la dipendenza nel suo libro di memorie, Beautiful Things. La pubblica accusa ha usato le sue stesse parole dette nella versione audio della biografia che hanno reso surreale il processo.
La difesa sostiene che quando Hunter Biden ha acquistato la pistola non era considerato un tossicodipendente perché era da poco uscito da un centro di riabilitazione e, pur avendo ammesso le proprie responsabilità, ha accusato i deputati legati a Trump di aver strumentalizzato la causa per motivi politici, comportamento per il quale non ci sono state conseguenze. “Sono stato messo alla berlina per la mia dipendenza dalla droga, per le mie umane debolezze, per le mie crisi. Hanno cercato di disumanizzarmi, di mettermi in imbarazzo e tutto questo solo per cercare di danneggiare mio padre”.
Lo Special Prosecutor David Weiss respinge le accuse di aver voluto politicizzare il caso su pressione dei repubblicani, ma i “numeri” gli danno torto. Nel 2019 negli Stati Uniti sono state vendute 27 milioni e mezzo di armi da fuoco, 478 acquirenti hanno mentito sul modulo d’acquisto e 298 sono stati processati, non solo per la bugia, ma perché con l’arma che avevano acquistato illegalmente, avevano commesso un crimine. Quindi su 27 milioni e mezzo di persone che hanno acquistato un’arma solo 180 sono finite davanti al giudice e di questi più della metà per aver mentito e non sulla tossicodipendenza ma per aver nascosto i loro precedenti penali. Un processo che se il nome dell’imputato non fosse stato Hunter Biden non si sarebbe mai celebrato e che si sarebbe concluso con una multa.