L’Italia è Paese ospite d’onore quest’anno alla Buchmesse di Francoforte, la più grande fiera del libro in Europa, dal 16 al 20 ottobre, ma quella che avrebbe dovuto essere occasione di orgoglio nazionale si è già trasformata, cinque mesi prima dell’evento, in un festival di ripicche e recriminazioni.
Al centro della polemica l’assenza nella lista iniziale della delegazione italiana di Roberto Saviano, l’autore di Gomorra, che – incidentalmente o forse no – è coinvolto in una querelle giudiziaria con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni (lui nel dicembre 2020 in tv definì “bastardi” Meloni e il leader della Lega Matteo Salvini, allora parlamentari, perché si opponevano ai salvataggi dei migranti in mare; lei lo querelò per diffamazione, e non ritirò la denuncia neanche arrivata al governo; lui in primo grado è stato condannato alla pena ‘simbolica’ di mille euro, mentre fra procura e avvocati di Meloni ne chiedevano 85mila).
Attorno a Saviano hanno fatto quadrato diversi celebri autori italiani, tutti vincitori del prestigioso premio Strega, come Sandro Veronesi, Francesco Piccolo, Emanuele Trevi, Paolo Giordano (il quale ha ironizzato su X: “La prima cosa che ho fatto dopo aver ricevuto l’invito alla Buchmesse è stata chiedere a Roberto Saviano se fosse stato invitato: no. Quindi mi sono fabbricato un impegno alternativo anch’io: c’ho judo”).
Tutti sottolineano che a Francoforte ci andranno lo stesso, invitati privatamente e non parte ufficiale della delegazione italiana. Parliamo del resto di autori pluritradotti in molti paesi, dunque assai appetibili e gioielli delle rispettive case editrici. Anche Saviano ci andrà: ospite dei suoi editori tedeschi però. “Sono fiero di non essere stato invitato da quello che ritengo il più ignorante governo della Storia italiana” ha detto in una intervista al quotidiano La Stampa.
Ma chi doveva scegliere gli invitati della delegazione ufficiale? Si rimpallano la patata bollente il governo (che ha istituito una Commissione straordinaria per le attività connesse alla Fiera di Francoforte, guidata dal giornalista Mauro Mazza) e l’Associazione Italiana Editori, guidata dall’ex presidente di Confindustria, Innocenzo Cipolletta, che avrebbe dovuto fornire una lista alla Commissione in base alle indicazioni delle case editrici. Per l’AIE, “la scelta degli autori ospiti a Francoforte è frutto di (…) un proficuo dialogo e confronto con i singoli editori e agenti letterari italiani. L’AIE non permetterà mai ingerenze esterne rispetto alla volontà degli editori”. Per Mazza, Saviano “non è stato invitato… da un lato c’è stata la volontà di dare spazio alle altre voci possibili e dall’altro presentare autori con opere integralmente originali”.
Questo, dapprima. Ma nel pomeriggio di giovedì 30, visto il polverone, il commissario fa marcia indietro: e in una nota scrive, “preso atto dell’odierna pur tardiva diversa indicazione di un editore, di fronte alle reazioni e a una corale levata di scudi, avendo a cuore su tutto il successo dell’Italia alla Fiera, il Commissario spera che Saviano accetti l’invito e partecipi a uno dei nostri incontri”.
No grazie, ha risposto Saviano d’infilata: verrò ma per conto mio.

ANSA/MATTEO CORNER
L’elenco integrale degli invitati, autori e autrici, lo trovate qui, sul sito del Giornale della Libreria. È ricchissimo, ma i vuoti di quei nomi pesano. Un altro grande assente, del resto – o meglio: presente ma solo privatamente – c’è: Antonio Scurati, anche lui premio Strega con la biografia di Mussolini M, il figlio del Secolo. Scurati non va perché aveva già declinato di suo: non stupisce visto che solo il mese scorso è stato protagonista di un’altra scaramuccia col governo, o meglio, con la televisione pubblica Rai i cui vertici (su pressione esterna o per propria autocensura) hanno deciso di non fargli leggere in diretta il suo testo sul 25 aprile, festa della liberazione dal nazifascismo. Col risultato paradossale che quel testo, con la sua aperta accusa ai leader attuali del paese di non essersi mai davvero emancipati dal fascismo, è stato letto, recitato, proclamato ovunque, raccogliendo molta più attenzione di quanto avrebbe avuto se fosse ‘solo’ andato in tv (qui potete sentirlo letto da Serena Bertone, conduttrice della trasmissione “Che sarà?” dove sarebbe dovuto andare Scurati).

A tirare le somme c’è una voce autorevole, quella di Nicola Lagioia che – oltre ad essere lui pure premio Strega, per La ferocia – è qualificatissimo a parlare di fiere letterarie avendo diretto per sette anni, fino al 2023, il Salone del Libro di Torino. In un articolo per il sito Lucy sulla cultura, lo scrittore pugliese accusa la Commissione di incapacità gestionale a fronte di un evento così importante; agli scrittori invitati è arrivato “un invito ciclostilato del Ministero della Cultura in cui si diceva che eravamo invitati alla Buchmesse” senza altre spiegazioni, ma soprattutto gli incontri, nonostante il contesto internazionale, sono stati organizzati prevedendo dei duetti fra scrittori italiani e non dialoghi più ampi, “in un impeto di autarchia e sovranismo letterario… Rosella Postorino dialoga con Chiara Valerio, Marco Missiroli con Valeria Parrella, io con Paolo Cognetti, Claudia Durastanti con Helena Janeczek (a cui, dopo averla incontrata in un’occasione pubblica, un funzionario governativo che stava lavorando alla spedizione italiana a Francoforte ha chiesto se fosse una scrittrice straniera) e così via. Insomma, dovremmo andare a Francoforte per un incontro che avremmo potuto organizzare facilmente al Pigneto”, quartiere di Roma popolare e noto per la sua vivacità culturale, incluso il festival Inquiete. Helena Janaczek, per inciso, nonostante il nome – è nata in Germania – è effettivamente una celebre scrittrice italiana, anche lei vincitrice del premio Strega nel 2018 con La ragazza con la Leica, biografia di Gerda Taro, prima fotoreporter caduta in guerra.
Ma il problema di fondo, dice Lagioia, è un altro: il governo Meloni lamenta l’egemonia “della sinistra” sulla cultura, però se si tratta di tirare fuori dal cappello nomi di intellettuali di destra, non li ha. “Se andate a vedere il programma dell’Italia a Francoforte noterete che quasi tutte le scrittrici e tutti gli scrittori italiani sono di sinistra. Ovviamente dire “di sinistra”, “di centro”, “di destra” per qualunque scrittore è un insulto: ragiono per un attimo usando l’abaco degli attuali governanti. Chi ci avrebbero dovuto mettere? Quindi il governo italiano disprezza e attacca tutta una serie di scrittori, di registi, di artisti del proprio stesso paese, ma quando ci sono queste occasioni internazionali ricorre a loro disperatamente perché altrimenti non saprebbe cosa fare”. Lagioia perla di “sciatteria” e di una gestione “ridicola e tragica della cultura”.
Una cosa è chiara però: se di censura si tratta, è goffa e non funziona. Silvio Berlusconi da capo del governo operò diverse ‘epurazioni’ – contro Enzo Biagi, contro Michele Santoro, reputati giornalisti scomodi. Anche Lucia Annunziata è scomparsa dalla Rai del governo Meloni. Ma nell’era dei social, i messaggi passano comunque, le notizie divampano, si ottiene anzi l’effetto di amplificare la visibilità e le voci degli eventuali censurandi. Ma il veleno rimane nell’aria.