Haiti ha un nuovo primo ministro, dopo quasi un mese di trattative il consiglio presidenziale transitorio ad interim ha nominato Garry Conille.
Il neo eletto ricopre attualmente la carica di direttore dell’UNICEF per l’America Latina e i Caraibi, ma già in precedenza, dall’ottobre 2011 al maggio 2012, era stato ministro dello stato caraibico.
Il 58enne sostituirà Michel Patrick Boisvert, che aveva preso temporaneamente il posto del primo ministro ad interim Ariel Henry, che si era dimesso tramite una lettera a fine aprile.
Henry non era potuto rientrare nel paese dopo un viaggio ufficiale in Kenya. Era rimasto bloccato a causa degli attacchi all’aeroporto della capitale Port-au-Price, solo recentemente riaperto, per i gravi disordini provocati da gruppi di bande armate.
Conille ha studiato amministrazione politica e sanitaria e ha contribuito attraverso le sue conoscenze a sviluppare l’assistenza sanitaria nelle comunità più povere e isolate di Haiti. La scelta del medico come primo ministro arriva in un momento cruciale, poiché dopo alcune settimane di apparente tranquillità il paese è ripiombato nuovamente nella violenza.
Il compito affidato al nuovo primo ministro è piuttosto complicato, sono molti i problemi che affliggono da tempo la comunità haitiana. Dovrà combattere l’inflazione che ormai ha raggiunto il 29%, far uscire il paese dalla grave povertà, dovrà eradicare le numerose gang che seminano il terrore.
Ormai le bande criminali hanno preso il controllo di almeno l’80% di Port-au-Prince, hanno costretto oltre 360.000 persone a lasciare le loro case e preso il sopravvento su stazioni di polizia e carceri. In seguito alla violenza da loro scatenata, sono state bloccate le importazioni dei prodotti alimentari di base e altri beni di prima necessità da cui gli haitiani dipendono per la loro sopravvivenza.
Pochi giorni fa alcune gang hanno ucciso due giovani missionari americani di “Missions in Haiti”, Davy Lloyd e sua moglie Natalie, oltre al direttore haitiano della missione, Jude Montis.
Quest’ultimo attacco ha scatenato dubbi nella comunità internazionale quesiti sull’opportunità di mantenere gruppi umanitari nel Paese, considerata la mancanza assoluta di sicurezza e l’impotenza degli apparati governativi.
L’episodio ricorda quanto avvenuto nel 2021, quando furono rapiti da una banda armata 17 missionari appartenenti all’organizzazione “Christian Aid Ministries”. Settimane dopo, 12 degli ostaggi riuscirono a fuggire, mentre i restanti furono liberati.
I gruppi umanitari sono attivi ad Haiti da decenni, ma la loro presenza è cresciuta dopo il disastroso terremoto del 2010, che uccise circa 300.000 persone.
Nonostante gli aiuti e gli sforzi della comunità, gli haitiani hanno spesso accusato le organizzazioni no profit, fra cui le forze di pace delle Nazioni Unite di aver gestito giri di prostituzione minorile e aver portato malattie mortali come il colera.