“Non ricordo quante volte, nei 17 anni in cui sono stato rinchiuso, ho sentito le guardie dire ai prigionieri che non avevamo diritti”, ha raccontato in un’intervista alla stampa Paul Wright, ex co-fondatore e caporedattore di Prison Legal News, una rivista mensile nata per informare la popolazione carceraria. “All’inizio, ci avevo creduto”.
I diritti passano anche dall’informazione che nelle carceri spesso è censurata, se non addirittura negata.
In una recente revisione delle pubblicazioni che l’agenzia penitenziaria ha vietato, c’è un elenco infinito di riviste, libri e giornali, fra cui l’Albany Times Union, il New York Magazine, il New York Times, Newsweek e Prison Legal News.
Secondo alcuni detenuti, quando il Department of Corrections and Community Supervision (DOCCS) decide di mettere al bando specifici media, “quella diventa la cultura” e non sarà facile reintrodurli.
Gli articoli censurati, spesso, vengono indicati dalle agenzie penitenziarie come “potenziali fonti di incitamento alla disobbedienza” nei confronti del personale carcerario e del sistema penale-legale.
“Potere e controllo – ha dichiarato Andrew Dombek, un ex agente penitenziario del DOCCS. – Si tratta soprattutto di chiarire ai detenuti chi comanda. Far sapere quello che accade fuori dalla prigione, invece, potrebbe agevolarli nella riabilitazione dopo il loro rilascio”.
Alcune ricerche hanno rivelato che censurare le informazioni relative a razza e giustizia penale rende più difficile ai carcerati l’esercizio dei loro diritti e a presentare una difesa nel caso di violazioni.
Quando sono chiamati a decidere su questioni costituzionali che riguardano le persone incarcerate, i tribunali prendono come riferimento la decisione della Corte Suprema del 1987, del caso Turner v. Safley. Questa sentenza favorisce soprattutto i funzionari penitenziari, che devono solo dimostrare che la censura è “ragionevolmente correlata a legittime preoccupazioni penali”.
Nel 2006, la Corte Suprema ha tollerato che il Dipartimento di Correzione della Pennsylvania continuasse a trattenere, nonostante le proteste, tutte le riviste, i giornali e le fotografie delle persone detenute. Oltre 5.000 pubblicazioni ritenute non idonee sono state respinte dal Comitato di revisione dei media dell’Ufficio centrale.
“Le persone che vivono nel microcosmo carcerario vogliono sapere cosa accade proprio come tutti gli altri – ha concluso Wright. – Alcune informazioni possono salvare la vita”.
Secondo un’indagine di Pen America, eseguita nel 2021 in 28 Stati in cui esiste un apposito registro ufficiale delle pubblicazioni vietate, è la Florida a guidare la classifica con 22.825 titoli censurati, seguita dal Texas con 10.265 e dal Kansas con 7.699.